“Il Bar delle dieci di sera”, il nuovo romanzo di Salvatore Riggi

Francesco Daniele Miceli
7 Min Leggere

Caltanissetta fu, tempo addietro, la “piccola Atene”: un luogo dove la cultura sembrava camminare per le strade, dove le parole e le idee erano linfa quotidiana. Una città che, nel cuore della Sicilia, si è fatta crocevia di quella “strada degli scrittori” che da qui, passando per Leonardo Sciascia e Pier Maria Rosso di San Secondo, arriva fino al mare.

Ed è sempre emozionante, oggi come allora, quando in questo lembo di terra tornano a germogliare pagine nuove. Non sappiamo se entreranno nella Storia, come quelle dei grandi che ci hanno preceduto, ma di certo appartengono al nostro presente, e lo illuminano.

Tra queste pagine, fresche di stampa e ancora profumate d’inchiostro, c’è il primo libro di Salvatore Riggi, artista a tutto tondo: regista, attore, autore teatrale, narratore di storie. Salvatore, artista e  amico, ha lasciato Caltanissetta per Roma ma non ha mai smesso di portarla dentro. Qui ha girato cortometraggi, qui ha fatto transitare i suoi spettacoli, qui resta radicato quel legame intimo con la tradizione della scinnenza che lo accompagna sin da bambino. Oggi la sua voce si fa anche letteratura, e il risultato è Il bar delle dieci di sera.

Lo abbiamo incontrato, e con lui abbiamo avuto la fortuna di sfogliare questo esordio che segna un nuovo capitolo della sua carriera artistica. Un libro che è insieme luogo e tempo: un bar che non è soltanto fisico, ma stato d’animo; un’ora che forse non esiste, ma che racchiude le inquietudini, le voci, le emozioni che cercano ascolto.

Con Salvatore abbiamo chiacchierato a lungo, tra ricordi e riflessioni, e le sue parole ci hanno guidato dentro le stanze intime di questo libro.

Il primo romanzo di Salvatore Riggi nasce da un’urgenza intima, da quelle notti in cui i pensieri non lasciano tregua. «A tutti i pensieri che rendono insonni le mie notti» — così l’autore dedica il libro, raccontando che ogni giorno, idealmente, si reca in quel bar delle dieci di sera: un luogo immaginario dove le storie dei personaggi bussano per essere ascoltate.

Quel bar, spiega Riggi, è in qualche modo collegato al suo personale legame con la sua città d’origine. «Caltanissetta fa parte del libro. Il bar delle dieci di sera può essere uno stato d’animo, non solo un luogo fisico. Proprio come le radici. Sono partito da Caltanissetta per seguire un sogno…  così  come si può tornare al bar delle dieci di sera, si può ritornare nella propria città. Ed io lo faccio  per vedere quante cose sono cambiate, dentro e fuori di me. Caltanissetta non è l’inizio del percorso ma ne fa parte…»

Il bar diventa così simbolo e metafora: «È la passeggiata che ti fai per riflettere».

La scintilla che ha acceso la scrittura arriva nel 2020, poco prima che la pandemia chiudesse il mondo. Riggi si trovava in un bar vicino San Pietro, immerso in una luce tenue, calda, dal fascino antico. «Era l’immagine che mi ha colpito», ricorda. Da lì, una festa in una casa sconosciuta, un terrazzo che si affacciava sul Cupolone, e le suggestioni notturne che hanno dato forma a un’idea: «un bar come incontro con sé stessi».

E perché proprio le dieci di sera? Riggi sorride davanti a quella che lui stesso definisce «un paradosso». «Le dieci di sera non esistono! Difficilmente un evento inizia a quell’ora. Anche i personaggi potrebbero non esistere. Il tempo è qualcosa di talmente relativo che spesso ci dà pressione. Spesso si viene schiacciati dal tempo. Ma in realtà il proprio sentire e le proprie emozioni valgono molto di più del tempo. Bisogna semplicemente fermarsi.» È in questa sospensione che prendono vita i quattro protagonisti, e il finale, aggiunge, «spiega qualcosa sulla loro esistenza, ma lascia aperte tante finestre. Nulla è imposto».

Il libro porta con sé un legame costante con il teatro, il primo linguaggio dell’autore. «Scrivere c’è sempre stato, ancor prima che scrivere per il teatro. Ma scrivere per il teatro costringe a un’immagine completa: un attore, una scenografia, un’immagine definita. La narrativa invece può far giocare con l’immaginazione del lettore.» Eppure, l’essenza rimane la stessa: «I personaggi devono essere autentici, sia in scena che su carta. È una storia teatrale! Il teatro è una fotografia… Io non ho niente da insegnare. Devo solo donare una cornice: ciascuno può metterci del proprio.»

I personaggi che abitano il bar delle dieci di sera sono senza nome, ma pieni di vita. «Tutti e tre hanno qualcosa di me. Non mi sono solo figli. Sono parte di me.» C’è il professore, sospeso tra la vita e la morte; l’attrice, che vive il dualismo tra realtà e finzione; il poeta, che non smette mai di pensare e non si dà tregua. Intorno a loro, figure simboliche: «Il cane è lì, a fare quello che gli uomini non riescono più a fare. E poi c’è il barista. Sembra anonimo, ma anche lui ha una storia da raccontare.»

Un percorso lungo, che ha richiesto tempo, ma che oggi vede la luce con naturalezza. «Semplicemente qualcosa ha bussato da dentro: questo è il momento giusto! Tutto molto fluido.»

Oggi esce ufficialmente Il bar delle dieci di sera, e la prima presentazione non potrà che tenersi a Caltanissetta, città d’origine e approdo di ritorno per Salvatore Riggi. Non ci resta che darci appuntamento proprio lì, alle dieci di sera, in quel bar che non è un luogo ma un pensiero.

Perché tra banconi illuminati da luci calde e cocktail annacquati, tra voci che si intrecciano e silenzi che pesano, c’è sempre la possibilità di incontrare un frammento di sé. Forse è questo il vero segreto del libro: ricordarci che, a volte, basta fermarsi un istante per ascoltare davvero.

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