110 anni fa nasceva il filosofo nisseno Rosario Assunto

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dall’Osservatorio Arte Contemporanea riceviamo e pubblichiamo:

1915-2025 sono passati centodieci anni  dalla nascita del grande filosofo (Caltanissetta, 28 marzo 1915 – Roma, 24 gennaio1994).

Ci piace ricordarlo con il pittore Francesco Guadagnuolo, anche lui nisseno, che opera tra Roma, Parigi e New York il quale ebbe modo di conoscerlo ed esserne amico. Il 1978 è la data dell’inizio dell’amicizia con Rosario Assunto, che per circa 16 anni ha seguito il lavoro artistico di Guadagnuolo, vedendo nelle sue opere un’armonia a lui tanto cara: arte e poesia, arte e natura, arte e vita. La collaborazione artistica tra il pensatore e il pittore si è rafforzata anche in virtù delle stesse preferenze culturali, rivolte ad autori come Vico e Novalis e intravide questa vocazione specifica e originale nel suo operato individuando anche certe sue predilezioni letterarie come Proust, Kafka, Musil, Heidegger, Hölderlin e Gadamer.

Due nisseni insigni: il Prof. Rosario Assunto, critico e docente di Estetica all’Università di Urbino e il Maestro Francesco Guadagnuolo, affermato artista, il cui interesse del filosofo per l’arte di Guadagnuolo si è concretizzato in numerosi saggi, pubblicati su libri, cataloghi, quotidiani come ‘Il Giornale’ e ‘Il Tempo’, sul periodico ‘Antichità e Belle Arti’ e su riviste specializzate come ‘Galleria’, ‘Itinerari’ e ‘Filosofia Oggi’.

«Quello che mi sento di esprimere sull’amico Rosario Assunto, che ha seguito e stimato il mio lavoro è naturale riguardi la mia esperienza di artista e mi abbia spinto a riflettervi. È insolito come in Assunto, si è detto, l’impulso e l’innovazione convivessero con quello della conversazione. Oltre ad essere uno studioso di estetica, egli era aperto ai nuovi fenomeni letterari. Ha compreso l’importanza dei linguaggi contemporanei, compresa l’arte cinematografica. Nel 1952–’53 ha discusso sul neo-realismo nella letteratura e nel cinema italiano. Il suo pensiero comincia particolarmente dallo studio di Kant soffermandosi sulla “Critica del giudizio” dalla quale può dirsi abbia avuto inizio l’estetica moderna. Prediligeva Schelling, Holderlin, Schlegel e, tra i poeti maggiormente legati alla riflessione, Rainer Maria Rilke. Era persona straordinariamente sensibile, mite e gentile, riusciva a mettere tutti a proprio agio, specie chi sentiva ed esprimeva incertezza e inquietudine sulle condizioni del mondo. La stima che nutriva Rosario Assunto per la mia arte nasceva dal riscontrarvi la ricerca dei valori nella considerazione dei problemi della vita. Il mio lungo sodalizio con lui iniziò nel 1978, un anno dopo, la sua presentazione delle acqueforti da me realizzate su “La Bottega dell’Orefice” di Andrzei Jawien (Karol Wojtyla), ed è proseguito fino alla sua morte nel 1994. É stato per me uno dei maggiori stimoli per conoscere e condividere i capisaldi estetici che avevano in lui uno dei più acuti e originali intellettuali contemporanei. Gli sono profondamente grato dei numerosi scritti che ha dedicato ai miei lavori grafici e pittorici». 

Per l’occasione riproponiamo l’interessante saggio di Rosario Assunto “Arte come vita”.

 “ARTE COME VITA” di ROSARIO ASSUNTO

Di Francesco Guadagnuolo artista, nulla conoscevo, al tempo di quel nostro primo incontro; nel quale però mi colpì la sicurezza con cui lo vidi appressarsi ad un dipinto primo ottocentesco di attribuzione incerta, per tosto analizzarne criticamente la fattura e attraverso l’analisi tecnica risalire all’interpretazione storica e al giudizio di valore. E nel primo tempo di quel nostro colloquiare, ero rimasto sorpreso dalla visualità, per cosi dire, del suo discorso: come se le parole fossero segni di matita, con i quali su un ipotetico foglio, egli veniva fissando non solo i contorni delle persone e degli oggetti da cui era popolato il mondo che conversando evocavamo nella sua presenza assente, ma anche il senso di quelle evocazioni fatte da interlocutori di età diversa: nelle quali non poteva non emergere il temporale metamorfizzarsi per cui tutto al mondo cambia in se stesso rimanendo identico a se stesso, e ciascuno di noi è pur sempre se stesso anche se con il tempo diventa un altro – e come le persone così i luoghi e le cose. 

Visualizzare il tempo, se così è lecito dire. In una sola e unica immagine, per sovrapposizione e intreccio di linee, delle linee consapevolmente alternando lo stacco netto ed il fluente generarsi l’una dall’altra, contrarre un intero racconto: questa mi pare la vocazione specifica di Guadagnuolo – è già in quel nostro primo incontro me lo fecero capire certe sue manifeste predilezioni letterarie a prima vista assai eterogenee, come Proust, Kafka. Sovrapporre in unica immagine due eventi lontani nel tempo: come, nel finale della Recherche, l’inciampare del protagonista nel selciato di palazzo Guermantes e il giorno lontano in cui allo stesso modo lo aveva fatto inciampare l’avvallarsi del pavimento nel Battistero di San Marco in Venezia. E nel Kafka della Metamorfosi, la simultanea duplice identità di Gregor Samsa: che è se stesso, un uomo giovane, impiegato come l’autore in una società d’assicurazioni, ma è anche tutt’altro, è l’enorme mostruoso scarafaggio che a lungo andare finisce con l’essere mal sopportato e ripugnante intruso nella casa dove i familiari vorrebbero pur amare in lui Gregor di cui sanno che è e non è più se stesso. La Metamorfosi. O il Processo: a cui il nostro Guadagnuolo ha dedicato una cartella di acqueforti, nella quale (trascrivo in parte il giudizio che ne diede il compianto Giovanni Fallani, uomo di Chiesa ed arte che assai lo ebbe caro) Guadagnuolo «si pone i quesiti del mondo contemporaneo e non rimane inerte a guardare», perché simultaneamente «trascrive le premesse e registra le conseguenze». E quella suggestione avuta conversando la prima volta con lui, si confermò in me di lì a qualche mese, quando Guadagnuolo mi mostrò le sei acqueforti preparate per la Bottega dell’Orefice.

(…) «Sembra – scrive Ulivi, né si poteva meglio caratterizzare la produzione del Nostro – che l’artista si applichi a rievocare, in consuntivo, i punti cardine di una cultura europea, tra antico e moderno, anzi contemporaneo, dove i miti riappaiono nel loro splendore»; e conclude rilevando che nell’opera di Guadagnuolo, «c’è soprattutto un assillo della precisione sensibile, che accarezza la forma con una bravura, una tenerezza che non è minore nelle punte più acerbe». Non credo si potesse formulare giudizio critico più esatto e pertinente di questo; né mi azzardo ad aggiungervi postille che finirebbero con lo sciuparlo. Ma l’opera di un artista, come quella degli scrittori, dei pensatori, è pur sempre «work in progress»; e i risultati di oggi, felici che essi siano, per chi li ha raggiunti, e ha in mente dell’altro, sono sempre un preambolo al più ed al meglio che ci si ripromette di dare domani.

A un collega che or sono circa vent’anni, ebbe la generosità di pubblicamente lodare un mio libro allora uscito come il migliore che avessi scritto, non potei non rispondere, pur ringraziandolo del giudizio, che, per ogni autore, il migliore suo libro è sempre il prossimo. Francesco Guadagnuolo, che ama parlare dei suoi progetti e programmi più che non delle opere già eseguite, penso che almeno in cuor suo risponda allo stesso modo, ogni qual volta in sua presenza taluno pronunzi ben motivati elogi dell’opera che sinora egli ha prodotto con quella appassionata, quotidiana dedizione che è in lui il segno di un’identificazione assoluta della vita e dell’arte. Non già nel senso di vita come arte, quale lo teorizzò Ugo Spirito alcuni decenni or sono: nel senso, bensì, di arte come vita. E vita come servizio ininterrotto ad una creatività sentita e professata come dovere, nel senso moralmente più nobile della parola.   Rosario Assunto 

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