“Le parole rosa le parole celeste” di Antonella La Monica al liceo “Ruggero Settimo”

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Antonella Lamonica al Liceo “Ruggero Settimo”: ha travolto e coinvolto, con la sua energia appassionata di poeta e di studiosa,  gli studenti delle quarte e quinte classi che l’hanno circondata di interesse e di domande, nell’aula magna del Liceo più antico della città, nel contesto di “Libriamoci, giornate di lettura nelle scuole”, messi a confronto con il suo recentissimo saggio “Le parole rosa Le parole celeste – ovvero la storia delle donne nel mondo degli uomini” (edizioni Lussografica).

Un testo ponderoso e di grande spessore culturale, ma nello stesso tempo limpido nel linguaggio e chiaro nelle argomentazioni, ironico quanto basta per non risultare pesante, provocatorio sempre, in ogni capitolo di un viaggio enciclopedico e dinamico nella storia e nella cultura dell’Occidente e non solo, che ha ricostruito la storia delle donne partendo dalla jungla del linguaggio, organo del pensiero, forma privilegiata di espressione e di comunicazione di un ordine simbolico che sta combattendo per rompere le catene del patriarcato e spalancare l’orizzonte dell’altra metà del cielo.

Un libro importante per gli uomini e per le donne, che sono chiamati entrambi a ridefinire la qualità delle loro relazioni, un libro che ogni docente dovrebbe studiare e ogni studente dovrebbe leggere, sapendo che “parlare non è mai neutro” e che c’è un rapporto profondo, strutturale, tra linguaggio e verità, tra linguaggio e democrazia, se il linguaggio riesce a nominare e rappresentare le differenze che connotano i contesti, prima tra tutte la differenza di genere, senza occultare le asprezze della verità, come sostiene Noam Chomsky, ma rendendole compatibili con il confronto, capace di disinnescare la violenza con l’interazione delle parzialità di cui donne e uomini sono tutti portatori e portatrici. Partendo proprio dalla coscienza di questo limite.

Dare il nome alle cose sin da Genesi significa governarle, ed è stata per questo caratteristica identificativa dell’umanità, ma per millenni le donne sono state raccontate e si sono espresse con le parole degli uomini, secondo un modello universale-neutro che da Platone e Aristotele in poi ha an-negato la loro differenza togliendo loro la propria parola.

Per secoli, anzi, la differenza sessuale è stata soltanto l’alibi per giustificare ruoli stereotipati: gli uomini nello spazio pubblico, le donne all’interno della casa e per la famiglia, sempre oblative, invisibili nella storia. Fino a quando la rivoluzione femminista, l’unica a vincere senza violenza nel ‘900, non ha ridefinito l’antropologia della contemporaneità, conquistando per le donne riconoscimento, spazio e dignità, ma senza più volerle omologare al modello unico maschile.

Antonella Lamonica racconta questi processi complessi accompagnando i lettori attraverso i millenni e visitando tutte le espressioni culturali, economiche, politiche, di costume, in cui si è consumata la subalternità e l’oppressione femminile nella storia. Dalla filosofia all’arte, dalla musica alla moda, dal cinema alla letteratura, dalla mitologia al diritto, dalle religioni al lavoro, dallo sport alla toponomastica. Un viaggio appassionante, con tante compagne di strada che ci vengono presentate, personalità spesso sconosciute ma fondamentali per segnare le tappe, i risultati e i punti di non ritorno dei tanti percorsi di liberazione.

La parte finale del libro è dedicata ampiamente al linguaggio, sessuato e fortemente indicativo degli stereotipi che per secoli ha contribuito a veicolare.

Gli studenti e le studentesse sono stati abilmente provocati dalla vis polemica, sorridente e ironica dell’Autrice, coinvolti con le loro domande che hanno ricevuto risposte spiazzanti, non scontate, chiamati a riflettere e a mettersi in discussione, a valutare la responsabilità dell’uso delle parole, a partire anche dai testi delle canzoni che sembrano apprezzare e che spesso sono documenti di sessismo sguaiato. Sfera e basta e Tony Effe sono lì a dimostrarlo.

Un incontro certamente non di ruotine, preparato e condotto dalle professoresse Maria Grazia Pignataro e Loredana Scintilla, introdotto dal saluto della vice-preside Giusy Iannuzzo, a testimoniare l’impegno della scuola su questa linea d’ombra del patriarcato duro a morire, ancora feroce con i troppi femminicidi (parola anch’essa contestata dai tradizionalisti benpensanti) che fanno sanguinare ogni giorno la cronaca ricordando a tutti quanta strada ci sia ancora da fare.

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