di Rocco Gumina
Lo studio intitolato La povertà in Italia: dati, riflessioni, analisi e prospettive presentato lo scorso 24 settembre a Roma dall’Alleanza contro la povertà mostra un’Italia posta ai margini da una certa retorica che sostiene i presunti successi del governo targato Giorgia Meloni. Nulla da eccepire dinanzi alla stabilità dell’attuale esecutivo o alla promozione da parte di qualche agenzia di rating delle politiche economico-finanziarie dell’odierna maggioranza. Tuttavia non esiste soltanto quell’Italia narrata trionfalmente da una non minoritaria parte dell’informazione nostrana ed internazionale. Infatti vi è un Paese che continua a soffrire poiché, secondo i dati, di anno in anno aumentano le difficoltà per chi si trova sulla soglia della povertà e per chi, invece, vi si trova già dentro.
Alla luce dei dati raccolti nel 2024, le persone a rischio povertà sono il 18,9% della popolazione a cui aggiungere 2,7 milioni di individui che vivono in condizione di deprivazione materiale grave. Le famiglie in condizione di povertà assoluta nel 2023 erano l’8,4% del totale ovvero 5,7 milioni di persone, quasi il 10% della popolazione italiana. Si tratta, secondo lo studio condotto dall’Alleanza contro la povertà, del «valore più elevato mai registrato da quando è iniziata la serie storica nel 2005» (p. 5).
Dalla ricerca affiora che l’incidenza della povertà assoluta è particolarmente presente in alcune categorie fragili come quelle che riguardano i minori, le famiglie numerose e monogenitoriali, i nuclei con soli componenti stranieri e i lavoratori poveri. Inoltre tra i fattori che aumentano il rischio di scivolamento verso la povertà assoluta si riscontrano l’aumento dei prezzi dei beni essenziali e dei canoni di locazione, la discontinuità lavorativa, la quasi totale assenza di politiche redistributive e la debolezza dei servizi sociali nei territori.
Dinanzi a questa situazione la scelta del governo presieduto dalla Meloni è stata quella di annullare il provvedimento universalista del Reddito di Cittadinanza per avviare l’Assegno di Inclusione costruito su di una logica categoriale. Ciò ha condotto alla riduzione delle risorse per il contrasto alla povertà per circa 3,2 miliardi di euro. Il dato risulta oltremodo preoccupante quando allarghiamo la riflessione alla situazione europea. Difatti nel 2024 a beneficiare in Italia dell’Assegno di Inclusione è stato il 2,50% della popolazione, invece in Germania la misura di reddito minimo riguardava il 6,4% dei tedeschi, in Francia il 6,10% dei francesi, in Grecia il 5,70% dei greci.
Come i medesimi estensori della ricerca affermano, la pubblicazione ragionata dei dati sulla diffusione e sulla radicalizzazione della povertà in Italia rappresenta un’occasione per un confronto pubblico su di un tema che la politica a qualsiasi livello pare aver posto in secondo piano. La situazione richiede la responsabilità delle istituzioni e della politica inclusa quella avanzata dalle opposizioni. Urge un piano sulla povertà capace di coinvolgere il governo e la politica tutta in un’operazione di ascolto della realtà al fine di progettare iniziative concrete tanto a favore dei minori, dei migranti, delle famiglie, dei lavoratori poveri quanto inerenti i beni essenziali e i canoni di locazione.
Quella della povertà allora è una sfida che potrebbe permettere alla politica italiana di concentrarsi su di una questione concreta la quale invita sia a relativizzare i presunti successi e gli annunciati trionfalismi dell’attuale compagine governativa sia a superare le molteplici distrazioni delle opposizioni al fine di favorire una presa in carico della realtà.
Rocco Gumina