San Francì

Francesco Daniele Miceli
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Cartanissetta fa quattru quarteri, a megghiu giovintù li surfarari…” — cantava un’antica voce popolare. Quattro erano i quartieri storici della città: San Rocco, Santa Flavia, degli Zingari e San Francì, il quartiere dedicato al poverello d’Assisi.
Un nome familiare, detto come vezzeggiativo con affetto e ironia, che ancora oggi evoca un tempo in cui la fede si mescolava alla vita quotidiana, e i santi non stavano solo sugli altari ma anche nei discorsi della gente.

Oggi San Francì è uno dei quartieri più antichi e suggestivi di Caltanissetta, ma anche uno dei più silenziosi, come gran parte del centro storico. Eppure, tra i suoi vicoli tortuosi, sopravvive un’anima viva: quella del “Signore della Città”, l’antichissimo crocifisso del Venerdì Santo, venerato da secoli dai nisseni. Accanto a lui, una raffigurazione proprio di San Francesco scolpita dai Biangardi . Questa fu la casa di Padre Angelico Lipani, l’uomo di Caltanissetta che ci è stato consegnato dalla storia come colui che più ha incarnato lo spirito di Francesco d’Assisi. E se Francesco ha sentito la voce del crocifisso di San Damiano nel suo cuore, Padre Angelico avrà sentito quella del Signore della Città.

E tra San Francì e u Signuri di la città, ancora oggi, l’“abbrivatura”, una fontanella con una immensa vasca che dissetò per generazioni uomini e animali, punto d’incontro e simbolo d’identità del rione.

A raccontarci questo quartiere con sguardo attento fu, nel 1906, Giovanni Mulè Bertolo, che così scriveva:

“Il più annoso dei quartieri caltanissettesi! I suoi limiti, per tacito e unanime consenso dei cittadini, non fermato con suggello ufficiale, sono: il corso Vittorio Emanuele II da piazza Garibaldi al monastero di Santa Croce e il corso Umberto I, dalla precitata piazza al viale Margherita, e da questo viale sino alla villa pubblica.
Questo quartiere, sminuzzato in vari rioni, potrebbe costituire da sé un grosso e popolato comune.
I suoi punti estremi sono: monastero di Santa Croce, chiesa degli Angeli, Duomo e monastero di Santa Croce.
Tortuosi e angusti vicoletti che tra loro si intrecciano e ravviluppano come tanti meandri…”

Ma veniamo al cuore del quartiere, la chiesa che gli dà nome: la chiesa di San Francesco all’Immacolata, dei Padri Minori Conventuali, che venne edificata, per manifesta volontà dell’Autorità comunale e degli abitanti, nel 1508. A tre navate, si distingue per la sobria eleganza del suo interno, frutto di diversi interventi nel corso dei secoli. Nel 1832, lo scultore Giuseppe Frattallone ne ridisegnò le linee architettoniche, mentre nel 1852 il maestro Bernardo Sesta di Serradifalco e i fratelli Giangreco arricchirono le decorazioni, donandole l’aspetto attuale.

La chiesa fu ceduta al Comune nel 1866 dopo la soppressione degli ordini religiosi, ma restò aperta al culto. L’ultimo frate, Vincenzo Valenza, lasciò la guida al canonico Pulci nel 1906, seguito dal canonico Amico e poi, nel 1951, da monsignor Salvatore Calafato, che la curò con dedizione per anni.

Al suo interno si trovano opere di grande pregio: la statua del Redentore, la Santa Agnese dei Biangardi, e la prima scultura del Frattallone, un delicato Sant’Antonio che anticipa la grande stagione della scultura nissena dell’Ottocento.

La chiesa è protagonista ancora oggi del viaggio dell’Immacolata: l’antica statua argentea lascia il duomo l’8 Dicembre per recarsi, in processione, proprio nella chiesa di San Francesco, per poi tornare di nuovo in cattedrale due domeniche dopo

Il culto di San Francesco a Caltanissetta non si ferma qui. Nella Cattedrale, una magnifica statua di Michele di Caltagirone lo raffigura con le braccia spalancate, ad ammirare il cielo; statua che si trova nella cappella di San Rocco accanto a un quadro di Padre Angelico Lipani, E accanto alla statua, in cattedrale, una lapide ricorda i sette secoli dalla nascita del Santo, come a ribadire che San Francesco, a Caltanissetta, è di casa da sempre.

La presenza di San Francesco, a Caltanissetta, si intreccia profondamente con quella di San Michele Arcangelo, apparso a fra’ Giarratana, frate francescano, nel 1625.
Non è un caso, infatti, che l’anima di Francesco continui a vivere proprio nella chiesa di San Michele, da sempre annessa al convento dei Padri Cappuccini.

Oggi San Francì è il quartiere del silenzio.
Non più il brulicare di botteghe, né le voci dei bambini che correvano tra i vicoli. Le saracinesche restano abbassate, le case parlano a bassa voce, e i pochi abitanti — spesso stranieri, custodi inconsapevoli di tanta memoria — camminano tra pietre che ricordano tutto.

Un tempo ci si dava appuntamento lì:
Nnì vidimmu a San Francì!
Oggi, nessuno lo dice più.

San Francì resta muto.
Un quartiere che ha dato nome, fede e anima a una città intera, e che oggi sopravvive come un’eco lontano, un ricordo che si ostina a non svanire.

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