La Casa del Mutilato: da Museo delle guerre a laboratorio didattico

Francesco Daniele Miceli
5 Min Leggere

Oggi, nell’ultimo week end de Le Vie dei Tesori, ci fermiamo in un luogo che forse più di altri racconta la storia, quella storia che ancora oggi alcuni anziani ricordano e che ci costringe a comprendere che la guerra non è mai stata lontana da questi luoghi. La Casa del Mutilato di Caltanissetta è uno di questi.

Siamo in fondo al viale Regina Margherita, un tempo qui sorgeva la chiesa di San Giuseppe di Fuori, luogo caro ai nisseni di allora. L’attuale edificio nasce grazie alla generosità del governo regionale e alla collaborazione tra enti pubblici e privati: nel 1951 il Comune offrì il terreno, affidando il progetto all’architetto Giuseppe Bennardo. Il disegno venne completato nel 1956, mentre i lavori si conclusero solo nel 1959, anno dell’inaugurazione. L’edificio, interamente rivestito in travertino, presenta sulle facciate medaglioni in pietra raffiguranti le insegne delle diverse Armi, a testimonianza del sacrificio di chi ha offerto la propria vita e la propria integrità fisica per la Patria. Appena varcata la soglia, lo sguardo incontra una lapide con il celebre proclama della vittoria nella Grande Guerra firmato dal generale Armando Diaz. Nel 1974, un’altra lapide ricordò Santo Agnello, soldato mutilato e decorato, fondatore e primo presidente della sezione nissena dell’ANMIG (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra).

Le pareti parlano attraverso arredi originali dell’ANMIG, scaffali e vetrine che custodiscono uniformi, repliche di armi e fotografie dei bombardamenti angloamericani su Caltanissetta del luglio 1943. Ogni oggetto sembra avere una voce: caschi ammaccati, cartucce, bandiere spiegate, kit di pronto soccorso, registri degli ufficiali… Tutto ci racconta di una città che tremava sotto le bombe, dove la vita quotidiana conviveva con il terrore. Manifesti dell’epoca ammoniscono: “Pericolo bombe – non giocare con oggetti di strane forme”, un monito tangibile che la guerra lascia tracce indelebili, non solo nelle rovine ma anche nei lutti, negli occhi e nei ricordi della popolazione.

Al primo piano, lo sguardo si apre su uniformi più moderne, equipaggiamenti di epoche successive e cimeli delle due guerre mondiali: divise, elmetti, decorazioni, fotografie d’epoca.

Il Monumento ai Caduti del 1922, originariamente situato a metà del viale Regina Margherita e dal 1965 spostato in fondo alla “rotonda”, è un altro simbolo della memoria: i suoi cannoni, un tempo pronti a difendere, oggi sono fermi, a perenne ricordo. Il modellino originale è custodito proprio qui, all’interno della Casa del Mutilato, a testimoniare l’importanza di questo luogo nella storia cittadina.

Ma la Casa del Mutilato rischia però oggi di rimanere solo un museo fermo, sterile; deve invece a tutti i costi diventare un luogo didattico che deve rivivere con le scuole. Le scuole primarie devono iniziare a comprendere questi spazi, ma soprattutto le scuole secondarie di primo e secondo grado devono entrare in questi luoghi per ricercare, osservare, ascoltare, fotografare, catalogare, imparare: la storia non può essere studiata solo sui libri, va vista con gli occhi, toccata con le mani. Spesso questo non accade e resta solo un miraggio, e tornano alla mente le parole del nostro poeta Bernardino Giuliana: “Abbiamo la storia. E invece ce la facciamo insegnare.” 

La Casa del Mutilato deve diventare un vero laboratorio didattico: ha bisogno di vita. I musei e le sale espositive della città, ben più numerosi di quanto si pensi, devono trasformarsi in cantieri didattici aperti agli studenti, perché la memoria diventi esperienza, riflessione e comunità.

Questi spazi vanno consegnati alle scuole, perché dentro ogni classe c’è il futuro di Caltanissetta: gli abitanti, i cittadini, i governanti di domani. Solo quando la memoria passa attraverso gli occhi curiosi e le mani attente degli studenti, questi luoghi diventano vivi, pulsanti, immortali. Solo così la storia non si limita a essere raccontata, ma continua a respirare, a parlare e a guidare chi verrà dopo di noi.

Condividi Questo Articolo