È stata una festa per il teatro e una serata positiva per la città: l’apertura de “La Bella Stagione” al teatro Rosso di San Secondo, tutto esaurito in platea e in tribuna, pullman di abbonati da diversi paesi della provincia e un centro storico ripopolato da un pubblico curioso all’entrata e sorridente all’uscita.
“Il malato immaginario” di Moliere rivisitato dalla regia di Salvo Ficarra, con le musiche di Lello Analfino, ha fatto il pieno di applausi e ha riallacciato i fili tra i grandi circuiti teatrali nazionali e una città, Caltanissetta, che ha una tradizione teatrale di qualità lunga 150 anni, che negli ultimi anni si era drasticamente indebolita fin quasi a dissolversi.
Angelo Tosto, protagonista assoluto nel ruolo di Argante, ha giganteggiato da autentico mattatore, senza retorica né facili virtuosismi, ma restituendo al personaggio tutti colori di una condizione umana complicata, dominata dalla paura e dall’incertezza, dalla salute ai rapporti familiari, con il demone dell’ipocrisia e della manipolazione sempre in agguato, che alla fine riesce a ritrovare la verità e la libertà da tutti i condizionamenti che gli avevano avvelenato anni di vita.
Una interpretazione elegante, anche nei passaggi più comici, un uso della voce magistrale per un personaggio sgradevole, di cui è riuscito a fare emergere invece l’umanità nell’insicurezza mascherata da autoritarismo, emblematica della nostra contemporaneità ricca e precaria, proprio come Argante.
Ottima anche Giovanna Criscuolo nel ruolo di Antonia, voce del popolo e della sua saggezza, chiave di volta di una serie di situazioni di cui riesce a fare emergere la verità dietro la facciata dell’equivoco o della manipolazione interessata.
La scena essenziale e duttile, vivacizzata da un maxischermo di ombre cinesi, moderna nelle linee grafiche a scandire lo spazio scenico in funzione dell’azione dei personaggi come in un anfiteatro dentro il palcoscenico, evocazione classica in un contesto senza tempo che guarda alla contemporaneità.
Ma non bastano costumi contemporanei per attualizzare un grande classico come “Il malato immaginario”: dalla regia di Salvo Ficarra ci si sarebbe aspettato di più, con maggiore incisività critica, puntando più sulla satira che non sul registro della farsa, moderna commedia dell’arte 350 anni dopo Moliere, con gag post-espressioniste e anche qualche dilatazione dei tempi che non ha giovato al ritmo dello spettacolo.
Ma il pubblico ha gradito, apprezzando il meglio della recitazione e del testo con tanti applausi a scena aperta e un caloroso saluto finale.
La direzione artistica di Alessandra Falci ha centrato l’obiettivo: la professionalità dell’artista nissena ha costruito un cartellone di tutto rispetto, il teatro è tornato al suo splendore con la platea ripopolata di poltrone dopo le tristi stagioni delle sedioline, il pubblico ha risposto con entusiasmo e in maniera non occasionale, ma strutturando con centinaia di abbonamenti un rapporto solido con lo spettacolo teatrale e la cultura che lo sostiene.
È stata una risposta inequivocabile, in grande stile, con sobrietà e determinazione, dopo una stagione di veleni e di bassezze di tanti piccoli personaggi che hanno perso l’autore, e che oggi assumono i colori sbiaditi della farsa che non fa ridere.

