Teatro di poesia con “Natale in casa Cupiello” in scena al Rosso di San Secondo

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Portare sulla scena la poesia non è cosa da poco, e per la poesia amara e dolce di “Natale in casa Cupiello”, il primo capolavoro di Eduardo De Filippo, lo è ancora di più.

C’è riuscito Luca Saccoia con il suo spettacolo per attore cum figuris, regia di Lello Serao, con una scenografia “parlante” macchina delle meraviglie, tutt’uno con un disegno di luci parte integrante della narrazione. Unico attore, voce di tutti i personaggi, anima di un racconto che scava, con leggerezza lacerante, nella nostra quotidianità e nei suoi conflitti.

La famiglia come campo dei conflitti della società, il presepe come rappresentazione di un ordine possibile della nostra vita, conforto simbolico intorno a cui tentare di ri-costruire l’unità della famiglia e della propria identità.

Una famiglia svelata senza retorica, descritta da Eduardo negli anni ’30 del ‘900, quando imperversava la propaganda del regime sulla famiglia “cellula della Patria”, con un figlio, Tommasino, “non allineato” all’autorità, alter ego di un padre, Luca, intorno a cui ruota la narrazione, una figlia, Ninuccia, travolta dalla passione, mina vagante dell’ordine familiare, una moglie-madre, Concetta, gigante della costruzione dell’equilibrio possibile, ammortizzatrice dei conflitti endogeni, coscienza autentica, mai ipocrita, di una famiglia che difende dalle proprie contraddizioni.

La commedia di Eduardo De Filippo, che ha fondato la drammaturgia contemporanea italiana e dettato i nuovi canoni della recitazione attoriale, è riproposta con tutta la forza del suo testo in questa rappresentazione di attore cum figuris, i 7 pupazzi animati in scena da manovratori che hanno recitato senza parole, animando i corpi di legno, facendoli vivere mentre la voce di Luca Saccoia esprimeva la loro anima.

In questo modo il testo potente di Eduardo è stato spogliato delle ombre degli interpreti, lasciando ai personaggi-icone la voce e le parole dell’autore, ricche della loro nudità che si offre all’ascolto del pubblico con la purezza di una “divina commedia” contemporanea, capace di parlare direttamente nel nostro cuore.

È la dimostrazione di come un classico possa vivere e rinascere attraverso il tempo utilizzando codici diversi, sperimentando linguaggi nuovi, pur avendo attraversato un secolo in cui tutto sembra essersi trasformato, o sfigurato, continuando a rappresentare il bene e il male che vivono intrecciati dentro di noi. Inestricabilmente.

Non manca la catarsi finale, con l’ascensione verso l’alto di Luca, deposto tra le braccia di un angelo che sale al cielo dopo averlo vegliato, mentre Tommasino si converte al presepe, accogliendolo come una consegna dal padre che segna il suo passaggio all’età adulta, all’impegno di costruire una rappresentazione ordinata e rassicurante della vita e della famiglia, con un Sì che capovolge l’orientamento della sua identità, diventando una promessa sofferta, che non è omologazione passiva, ma presa di coscienza.

I personaggi e le loro voci emergono dal buio della scenografia, che rende l’idea dell’oscurità in cui si consumano le nostre vite, salvate alla memoria dalla luce che li illumina quando prendono la parola. Le parole di Eduardo sono più che mai le protagoniste assolute, modulate con timbri, accenti e intonazioni diverse dallo straordinario virtuosismo di Luca Saccoia, in una interpretazione-capolavoro che si mette al servizio di un testo-capolavoro spendendo energia e rigore, senza mai prevaricare ma dando anima alle parole come solo i grandi sanno fare.

“La Bella Stagione” del teatro Rosso di San Secondo, diretta da Alessandra Falci, ha offerto così al pubblico nisseno, con una esclusiva regionale, una esperienza di grande teatro contemporaneo assolutamente memorabile.

fotografie di InFedeForesta

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