Già molti anni fa, nel mio lunghissimo articolo “La pedagogia della convenienza”, pubblicato sulla rivista nazionale dei pedagogisti dell’Anpe, dimostravo che fare il male non è conveniente sul piano pratico ed etico e non per motivi morali e religiosi, ai quali credo poco.
Infatti, molti esseri umani, non tutti, trasgrediscono e sovvertono la morale e la religione compiendo spesso il peccato, tutto l’opposto di quello che si predica e si blatera conformisticamente, per indotta omologazione collettiva.
Come diceva San Paolo: “Senza la legge infatti il peccato è morto”. L’inosservanza della Legge genera il peccato, il piacere intimo, l’emergere della pulsione mortifera perversa e polimorfa, l’eccesso del godimento umano. Godere va bene perché è dell’umano godere, nei limiti del rispetto per sé e per l’altro.
Bisogna capire anche, in termini psicodinamici, che l’aggressività può generare malessere (sensi di colpa) e non benessere, anche se non è detto che possa provocare un disagio interiore (assenza di coscienza di sé). Già, lo aveva ben capito il grande Fëdor Michailovic Dostoevskij che nei due suoi capolavori, “Delitto e castigo” e “L’idiota”, faceva vedere che i delitti non producono nulla di buono né alcun reale vantaggio, semmai causano un oscuro senso di colpa.
Lo dicevano anche gli antichi: il male non è conveniente! “L’uomo sceglie il male in quanto compie un errore di valutazione, basato sul fatto che tutti tendono verso il bene, poiché come afferma Socrate è di per sé piacevole, e quindi chi sceglie il male lo fa per ignoranza, perché giudica bene quel male, scambia il male per bene.” (X libro della Repubblica, Platone).
Quindi, fare il bene per propria convinzione personale e per vantaggio, anche se il torbido male affascina e attrae. Lo vediamo con i tanti giovani che sono segnati dal disagio interiore, attraversati dall’oscurità della violenza e con il consumo di droghe, alcool e psicofarmaci. Ma non serve a nulla la repressione poliziesca, contrariamente al pensiero dominante della maggioranza, perché causa ulteriore male e trasgressione.
Ci vuole la cultura pedagogica della convenienza, quella che ti dice: desidera il tuo bene, fai il tuo bene per un sano egoismo, cerca di volerti bene.
Da recenti inchieste sociologiche viene fuori che le religioni sono in crisi di adesione e di consenso. Sempre meno giovani e fedeli in genere frequentano le messe e i riti religiosi. Viene da chiedersi perché? Non solo. Che esempio danno le persone che ricoprono un ruolo istituzionale e di prestigio?
Circa 20 anni fa mi occupai di una vicenda poco esaltante, il litigio di due contendenti politici per una poltrona che mi fece esclamare: ma questa non è politica! Trovavo inspiegabile quel comportamento “eccessivo” che aveva trasformato la lotta politica in odio personale. Il male psichico scava dentro e causa le malattie del soma.
Avevo ricevuto ben altri insegnamenti etici che sapevano coniugare il confronto delle idee con l’agibilità democratica delle stesse, nel reciproco rispetto delle posizioni di pensiero. Non è che l’uomo liberato dai condizionamenti morali e religiosi è migliore e sinceramente libero.
Il libertino e il libertinaggio producono un diffuso senso di infelicità, la sensazione che l’oggetto del godere sia senza limite e quindi inappagante. La vera libertà dell’uomo non è l’assoluta mancanza di limiti, semmai è la libera consapevolezza di sé che sceglie la veridicità del proprio desiderio, cercando di capire cosa cerca e cosa lo realizza.
Nel tempo dell’imperativo del plus-godere (Jacques Lacan), in una società tutta dedita al godimento fuori controllo, al centro del dibattito pubblico si pone la questione educativa del saperci fare con la nuova idea di umanità e di umanesimo.
Nella certezza che la mancanza di conoscenza di sé genera il disagio personale e collettivo, quando manca il ragionevole dubbio e il sano dubitare.
