l’identità (presunta) del non-essere

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Note a margine di un’opposizione autoreferenziale

Corto circuito nel variegato paesaggio delle opposizioni al centro-destra nel nisseno. Dopo la conferenza stampa che annunciava un documento comune sul progetto di un trasporto urbano integrato tra Caltanissetta e S. Cataldo, mettendo insieme tutte le forze politiche, i movimenti e le associazioni che nelle due città si oppongono al centro-destra, si delineava un nuovo metodo di lavoro, che punta a costruire convergenze a partire dai problemi concreti, e può fare intravedere la prospettiva di aggregazioni possibili.

Finalmente qualcosa di diverso rispetto alla polverizzazione autoreferenziale che sta caratterizzando tutto ciò che c’è fuori dal perimetro del centro-destra di governo nel nostro territorio.

E invece, a distanza di poche ore, a Caltanissetta Area Civica e Orgoglio Nisseno, a S. Cataldo Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana: uno stillicidio di distinguo, precisazioni, prese di posizione, a smentire che il metodo inaugurato possa rappresentare una svolta politica, o un embrione di essa, e soprattutto orrore manifestato da taluni per il termine “progressista”, che poteva sembrare il più adeguato a definire le attuali opposizioni al centro-destra, se non altro semanticamente.

Questo induce a qualche considerazione.

L’unico elemento comune tra i partiti e i movimenti che si sono ritrovati nel progetto mobilità urbana tra Caltanissetta e S. Cataldo, sarebbe allora semplicemente il loro non essere parte di uno schieramento di centro-destra, alcuni per connotazione politica, ma altri probabilmente soltanto per il momento, essendosi ritrovati sconfitti dal voto elettorale, (alcuni “leader” neppure eletti consiglieri comunali), e quindi soltanto “provvisoriamente” all’opposizione.

L’esperienza delle aggregazioni multicolor, variamente “civiche”, orgogliosamente “né di destra, né di sinistra, né di centro”, è stata sconfitta dal voto popolare, proprio per l’assenza di una identità e di una visione di società leggibile e riconoscibile. E questo è valso soprattutto a sinistra. La destra infatti ha costruito un cartello elettorale di partiti con riferimenti nazionali e regionali, si può condividerne o meno visione, progetto e metodi operativi, ma è stata chiaramente riconoscibile e collocata nel paesaggio politico più ampio.

Non è bastato ai competitors presentarsi con spiccate ambizioni leaderistiche, pensando che il consenso alla persona potesse sostituire i significati della politica, pensando che il non collocarsi avrebbe raccolto tanti candidati dell’ultima ora e un consenso indifferenziato, trascurando i contenuti di progetto, che non si costruiscono, sia chiaro, scrivendoli su un documento programmatico, ma facendoli vivere e assimilare nei tempi lunghi e nella fatica delle battaglie sociali, mobilitando i cittadini, elaborandoli insieme a chi i problemi li vive nella quotidianità.

Lo si è visto ancora dopo le elezioni amministrative di fronte alla drammatica emergenza idrica. La voce dell’opposizione si è sentita soltanto nelle aule consiliari e nei palazzi, non è scesa quasi mai a confrontarsi con i cittadini esasperati, non ha organizzato insieme a loro le proteste, quando addirittura non ne ha preso le distanze.

Sperimentare un metodo nuovo di aggregazione delle forze politiche non significa stipulare alleanze elettorali, se è questo che spaventa, non significa “contaminarsi” perdendo il proprio immacolato non-essere tanto tenacemente difeso.

Potrebbe significare mettere alla prova la propria capacità di costruire legami sociali, di equilibrare le differenze e produrre mediazioni utili, di essere (finalmente) rappresentativi di quei cittadini che non hanno bisogno di riconoscersi nelle divisioni ma di trovare punti di riferimento forti e capaci di portare avanti e di risolvere i problemi.

Chi aspira a governare la società dovrebbe saperlo che è questo l’esercizio più utile per prepararsi a questo compito, sapendo correre i rischi che il rapporto con gli altri comporta sempre. Ma sapendo anche che da soli non si va da nessuna parte.

Mimare l’opposizione facendo la faccia feroce dai banchi del Consiglio comunale senza costruirla nella società, nella mente e nel cuore dei cittadini in carne ed ossa, comunicarla via social con toni populistici senza riuscire a realizzare nessun risultato concreto, non è una strada di successo, come si è visto finora.

Se si ha una identità, idee, progetti, non si deve avere paura a metterli in campo e a confrontarsi con chi potrebbe agire nella stessa direzione.

Se invece si vive soltanto di posizionamento e di slogan non si scalfisce l’indifferenza e la sfiducia dei cittadini che per oltre il 50% non vanno più a votare, ai quali va data una buona ragione e un metodo convincente per uscire da quella indifferenza e riappropriarsi dei meccanismi democratici.

Si fa un’opposizione da salotto, utile soltanto a dare argomenti a chi governa, con il consenso di pochi, che in un’opposizione così sta trovando la sua assicurazione sulla vita. Gratis (forse)

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