Sindacalista, politico, deputato socialista.
A Caltanissetta, alla fine degli anni Venti del Novecento, ai margini della borgata urbana di Santa Lucia (nei pressi dell’odierna casa di reclusione “Malaspina”) l’avvocato Giulio Marchese Arduino commissiona la edificazione di una dimora che – oggi – incarna il fascino e l’eleganza del passato. “Villa Grazia”, così denominata dalla famiglia attuale proprietaria, è un esempio straordinario dello stile Liberty-Art Decò, influenzata dalla scuola palermitana di Ernesto Basile.
La villa costituì nel 1941 bene dotale della figlia del committente, la baronessa Antonietta Marchese, andata in sposa al barone Giulio Pucci di Benesichi. Ai piedi di questo raro esempio della stagione floreale a Caltanissetta ci si può affacciare alla balaustra apicale della scalinata intitolata a Lo Piano Pomar, un politico dei primi anni del secolo scorso, che si distinse per la fede socialista, per diluirsi negli ultimi anni di vita in una adesione “inevitabile” al Partito Nazionale Fascista.
Agostino Lo Piano Pomar nasce a Caltanissetta il 24 agosto del 1871. E’ figlio dell’ingegnere Serafino Lo Piano Vaccaro e di Virginia Pomar, da cui prende il secondo cognome. Laureatosi in Giurisprudenza, collabora con diverse riviste locali come “L’Avvenire”, “Il Rinnovamento”, “La Riscossa”, sostenendo dapprima l’ideale democratico e successivamente quello socialista.
Già nel 1892 partecipa alla fondazione dei Fasci Siciliani dei Lavoratori a cui aderiscono contadini e minatori. Fonda nel 1893 il Fascio dei Lavoratori di Caltanissetta e, insieme con Garibaldi Bosco, sostiene l’unione dei Fasci con il Partito Socialista Italiano. L’operazione riesce e nello stesso anno viene eletto membro del Comitato Centrale.
Lo Piano Pomar si distingue per essere uno strenuo difensore degli zolfatari. Sostiene gli stessi nelle battaglie per il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita contro la classe padronale.
Caltanissetta si trova in quella vasta area ricca di grandi giacimenti minerari, con circa settecento miniere attive e trentamila lavoratori. La maggior parte dei giacimenti è però di proprietà aristocratica. Il mercato è redditizio ma le crisi economiche sono frequenti, soprattutto per la incapacità della classe proprietaria di avviare una industria di trasformazione che consenta di regolare cicli estrattivi e momenti produttivi dei derivati dallo zolfo.
Sino alla costituzione dei Fasci dei Lavoratori le proteste degli zolfatari si rivelano prive di una reale organizzazione e di conseguenza risultano infruttuose. Le cose cambiano con Lo Piano Pomar. Grazie al suo impegno riesce ad organizzare minatori e contadini, portando avanti le loro istanze.
Al Congresso minerario che si svolge nell’ottobre del 1893 a Grotte partecipano più di duemila operai e piccoli imprenditori. E’ un successo inaspettato per l’epoca. Viene elaborato un documento in cui vengono per la prima volta stilate le richieste da presentare ai proprietari.
Una vera e propria “piattaforma di rivendicazione sindacale” mai vista sino ad allora. In particolare si chiede la garanzia del salario minimo, la riduzione dell’orario di lavoro e l’innalzamento dell’età dei “carusi”, da impiegare nel lavoro non prima dei quattordici anni di età. I “carusi” sono bambini, prevalentemente tra i sei e i dodici anni, impiegati (se non venduti dalle famiglie) nelle miniere alle dirette dipendenze del picconiere. Costretti a trasportare in superficie carichi pesantissimi, arrivando anche a sedici ore di lavoro. Molti di loro muoiono o rimangono infermi.
Nonostante alcuni eventi tragici si registrano dei lievi miglioramenti che, però, producono la reazione veemente delle classi padronali. Il risultato è la repressione dei Fasci Siciliani ad opera di Crispi nel 1894.
Il 3 gennaio di quell’anno Crispi dichiara lo stato d’assedio in Sicilia. Vengono richiamati i riservisti dell’esercito e il generale Roberto Morra di Lavriano è inviato in Sicilia con 40.000 uomini con il mandato di ripristinare il vecchio ordine, anche mediante l’uso estremo della forza, comprese le esecuzioni sommarie.
I Fasci dei Lavoratori sono messi fuorilegge. Esercito e polizia non si fanno scrupolo di uccidere manifestanti. Migliaia di militanti, compresi tutti i leader, vengono imprigionati o esiliati. Tantissimi sono deportati nelle prigioni delle isole senza processo. Le società e le cooperative della classe operaia vengono sciolte, le libertà di stampa, di riunione e di associazione sono sospese.
Viene di fatto manu militari bloccata l’attuazione delle richieste dei lavoratori. Lo Piano Pomar viene arrestato e trattenuto in carcere. Uscito dalla prigione non si dà per vinto e continua la sua battaglia.
Esercita la professione di avvocato con particolare impegno nella tutela dei ceti meno abbienti. Il 22 aprile del 1903 viene iniziato alla Massoneria nella loggia di Caltanissetta “Rinnovamento-Nissa Redenta”: Anche all’interno della “Fratellanza” si distingue per acume e ingegno. Passerà infatti al secondo grado di appartenenza il 21 maggio del 1919 e al terzo il 10 giugno dello stesso anno.
Nel 1905 è tra i fondatori della locale Camera del Lavoro. L’impegno politico lo porta ad essere eletto nel 1907 come consigliere comunale. Intensifica notevolmente la sua lotta, anche attraverso i suoi articoli e i suoi scritti.
Nell’ambito della provincia il suo dinamismo politico si rivolge alla economia e al lavoro, tentando di dare impulso sia all’attività di impresa che alle condizioni dei lavoratori, anche attraverso la promozione del cooperativismo, esperienza all’epoca pressoché sconosciuta.
Si mostra come un innovatore, come attore del tentativo di spezzare il locale dominio politico della triade costituita da aristocrazia fondiaria, notabilato e clero. Questa vera propria lobby è incarnata in quel momento dalla deputazione del conte Ignazio Testasecca. Questi vincerà su Lo Piano Pomar nelle elezioni legislative del 1911. L’esperienza in ogni caso non risulterà vana.
La campagna elettorale svolta tra contadini e zolfatari e la costante vicinanza, nell’esercizio della professione di avvocato, alle classi più deboli si rivelerà fondamentale. Il suo patrocinio – per l’epoca arduo se non ardito – nelle controversie fra proprietari ed esercenti i giacimenti minerari e i lavoratori in essi impiegati gli creerà una base elettorale sostanziale per la sua elezione a deputato, che conseguirà nel collegio di Caltanissetta nella tornata elettorale del 1914.
E’ infatti il 26 luglio 1914 e Agostino Lo Piano Pomar viene proclamato eletto deputato all’interno della XXIV legislatura.
Nonostante il suo credo socialista è interventista nella Grande Guerra. Addirittura nel 1915 lascia momentaneamente la politica per prendere parte al conflitto con il grado di sottotenente.
A guerra finita, tornato all’esercizio del mandato parlamentare, si batte per la costruzione di una efficiente rete ferroviaria, anche attraverso la realizzazione di tratte secondarie nell’ambito del distretto minerario di Caltanissetta.
Particolare impegno rivolge alle condizioni della miniera Trabonella che impiega il maggior numero di lavoratori caltanissettesi. In quest’ottica sostiene la necessita di creare delle strutture consortili per mettere al riparo il comparto minerario da possibili (poi verificatesi) crisi.
Famosi gli scritti e i discorsi parlamentari sull’indebito arricchimento dei ceti proprietari delle miniere in danno dei lavoratori, nonché dei latifondisti accusati di non tenere nella giusta considerazione economica l’apporto degli agricoltori.
E’ firmatario di una importante disegno di legge del 1920 che avrebbe dovuto regolare la disciplina pattizia agraria. Nel corso del suo mandato è fautore di diverse iniziative legislative in favore dello sviluppo economico, con particolare riguardo alle tutele dei lavoratori, imbastendo disegni di legge sul regime dei sottosuoli (in ragione dello sfruttamento minerario) e della redistribuzione in favore dei contadini delle terre incolte, anticipando le istanze della riforma agraria che vedrà, in parte, la luce solo negli anni del secondo dopoguerra.
Alle elezioni del 16 novembre del 1919, le prime con il sistema proporzionale, viene eletto nelle file del Blocco Democratico. Nel successivo mese di dicembre presenta come primo firmatario una proposta di legge in materia di “Provvedimenti relativi al regime del sottosuolo e delle miniere in Sicilia”.
Nel 1920 ricopre l’incarico di sottosegretario di stato per l’industria e il commercio nel secondo Governo Nitti. Si presenta alle elezioni comunali del 19 settembre 1920, vinte dal Partito Democratico. Il successivo 26 settembre viene eletto Sindaco di Caltanissetta.
Successivamente, consigliere provinciale, diventando portatore dell’idea di “socialismo municipalista”, prendendo ad esempio l’esperienza di De Felice Giuffrida a Catania e Garibaldi Bosco a Palermo.
Come Sindaco deve affrontare la profonda crisi finanziaria che attanaglia le casse del Comune. Il biennio della sindacatura di Lo Piano Pomar risulterà caratterizzato da forti tensioni sociali dovute alla continua espansione della città e al sempre crescente numero di minatori e contadini che reclamano lavoro in un quadro di crisi economica generale.
Il 25 aprile 1921 in uno scontro tra fascisti e comunisti muore il giovane Gigino Gattuso, che verrà celebrato dalla propaganda fascista come martire. Al corteo funebre del giorno successivo, in piazza Garibaldi, un ignoto spara alcuni colpi di pistola e nella calca che ne segue ci saranno quattro morti e decine di feriti.
Viene riconfermato deputato alle elezioni politiche del 15 maggio 1921. E’ primo firmatario di una proposta di legge, presentata insieme all’onorevole Cascino, anch’egli eletto nel collegio di Caltanissetta, per la “Costituzione in comune della borgata di Milocca e San Biagio di Campofranco”.
La proposta decade per la sua nomina a sottosegretario di Stato. Ripresenta il progetto l’anno successivo, questa volta con Francesco Sorge. La proposta è approvata alla Camera ma non verrà mai discussa al Senato (il comune di Milocca, oggi Milena, verrà istituito nel 1923 con un regio decreto).
E’ all’apice della sua carriera politica ma nel marzo 1922 una serie di scontri tra operai cattolici e operai socialisti minano la tenuta dell’amministrazione comunale. I ripetuti attacchi, anche di natura personale, provenienti dagli agrari capeggiati dal conte Testasecca, e dai militanti della sezione nissena dei Fasci Italiani di Combattimento (antesignani del Fascismo) costringono Lo Piano Pomar alle dimissioni.
E’ il 28 agosto del 1922. La carriera politica è ormai compromessa. Alle porte c’è il Fascismo. Nelle elezioni del 1924 non viene rieletto sull’onda della debacle dei socialisti. L’introduzione voluta da Mussolini della nuova legge elettorale (legge Acerbo) che crea il collegio elettorale regionale rompe il legame fra candidati e territorio, favorendo l’ascesa dei nuovi esponenti nazionali del futuro regime.
Da personalità pratica nel 1926 si iscrive al Partito Nazionale Fascista, con la illusione di potere così governare – quanto meno a livello locale – le dinamiche di quella formazione politica. L’illusione, come per altri aderenti con il medesimo intento, rimarrà tale.
Si ritira quindi a vita privata. Cesserà di vivere, in condizioni economiche critiche, l’anno successivo. E’ il 17 di luglio del 1927.
La figura di Lo Piano Pomar, anche se poco conosciuta, rimane importante per Caltanissetta. Il suo innegabile impegno nella difesa dei lavoratori resta un esempio e un fondamentale punto di riferimento nella lotta contro la (allora famelica) classe padronale.
A Caltanissetta gli rimane intitolata la scenografica scalinata, a bastioni, in marmo bianco che dalla soprastante zona della vecchia contrada “Ciccianera” (oggi via Messina) consente di raggiungere la sottostante piazzetta intitolata a Luigi Capuana e il centro storico lungo il corso Umberto.

