C’è un palo arrugginito che da anni non trasmette più nulla, eppure é diventato il fulcro delle comunicazioni, soprattutto quelle unilaterali.
Stiamo parlando dell’antenna RAI. Guai a dire che non é bella. Guai a chiedere quanto costa tenerla in piedi. Guai a interrogarsi se sia ecosostenibile. E guai, soprattutto, a chiedersi se abbia ancora una sua utilità.
Il dibattito é aperto, ma solo se tutti sono d’accordo (senza però tirare fuori un briciolo di progettualita’). É l’età dell’irrazionalità, ammettiamolo, e sussurriamo all’orecchio, senza più di tanto scomporci, che la verità latita in questa vicenda perché é impopolare affermare che la memoria é un processo di condivisione collettiva, dove ogni voce, anche la più aspra, deve aver riconosciuta la propria dignità.
Forse l’intolleranza, insieme alla menzogna, é l’avversario da battere, allora.
Nel frattempo ci si dimentica del vero oggetto dell’interesse pubblico: l’area boschiva della collina di Sant’Anna, un patrimonio naturale che meriterebbe attenzione, cura e investimenti ben più urgenti. Può un bene comune, come questa splendida area verde, essere ostaggio della nostalgia?
Può una città, più in generale permettersi il superfluo?
Ma la vera emocrazia funziona in modo diverso: accetta il dubbio, tollera il dissenso e si costruisce anche con gli “e se invece…? Qui, invece, l’antenna sembra voler trasmettere un solo messaggio: tutti d’accordo o siete nemici del patrimonio, della cultura e, magari, anche della Sicilia intera