Amare non è comandare e non è fregare l’altro!

Tonino Cala
Tonino Cala 204 Views
5 Min Leggere


Ci sono detti dialettali che ci dicono qualcosa di connotativo e di identitario sulla mentalità maschilista e patriarcale della nostra terra: “u cumannari è megghiu du futtiri”. Fare l’amore non è “futtiri”, termine della nostra lingua che ci richiama alla fregatura dell’altro, il concetto furbo che è meglio comandare e fottere, da noi termini associati per sentirsi più forti e predominanti sugli altri.
Ma forte rispetto a chi e a che cosa? Ma l’uomo che fotte fa forse l’amore? Chi comanda l’altro fa l’interesse democratico della comunità? Si può essere altruisti in questa società dominata dalla cultura dello “scarto”, dove gli ultimi non contano?
La deriva maschilista si coniuga con la patologia del comandare che non è l’esercizio responsabile della democrazia. In questa terra di furbi, ci ritroviamo spesso con persone frustrate e nevrotiche che compensano le loro insicurezze con il comando.
Accade poi che quando le persone perdono il potere del comandare entrano in depressione e non sanno cosa fare, provando un sentimento profondo di fallimento.
A volte, chi lascia la politica e gli ambienti del potere consociativo prova una sensazione di enorme libertà perché, contrariamente alla mitologia andreottiana, “il potere logora chi ce l’ha”. Ci si libera dalle sirene del potere incantato.

Ancora oggi, chi fa politica è schiavo di una droga che lo fa stupido e illuso.
Chiaramente, esiste una politica di servizio alla comunità che è minoritaria e che, spesso, non viene praticata. È preferibile questa e non certo la politica egocentrica e sterile del nostro tempo disagiato.
Una certa sicilianità fallocentrica può diventare un’incrostazione dell’anima dalla quale è necessario liberarsi. Infatti, comandare e fottere sono la stessa cosa nella misura in cui si considera l’altro/altra una cosa da possedere, un “mio” possessivo dell’anima, un oggetto da tenere in prigione e non un soggetto libero.
Diversamente, l’anima prigioniera deve essere liberata per fare sorridere la vita. E liberandola l’anima si avverte il sentimento del vero amore che si emancipa e si fa educazione affettiva.
Quando si fa politica, può capitare di essere usati e strumentalizzati da parti avverse e faziose per motivi personali di bassissimo e codardo interesse: in lotta, gli uni contro gli altri, destra e sinistra o sinistra sinistra o centro e altro.

Ne abbiamo conosciuti di detrattori per innata vocazione, di manipolatori seriali, di disonesti e scorretti per
denari o per potere, loro stessi vittime della loro psicologia dell’avidità.
Ebbene, la scorrettezza e la disonestà non possono essere un vanto da sbandierare ai quattro venti, per cui dovrebbero provare vergogna tutti quelli che si credono furbi e che, di fatto, sono cadaveri e sepolcri imbiancati per la pubblica opinione.

Alla fine, i fatti e i comportamenti vengono fuori e non si può scappare dinanzi alle verità assodate della realtà.
Accade pure che alcuni rivendicano la loro opera e convinzione di avere fatto il bene degli altri, un bene che è intelligente e che ci si ritrova rispetto allo sciacallaggio dei furbi, presunti capaci per propria erronea convinzione.

Sarà anche vero che i furbi sono simpatici ai più, ma a via di sostenere le furbate si diventa tutti schiavi e privi di dignità, lasciando al libero arbitrio il peso cinico della sociale noncuranza.
A Natale si può fare di più”, il verso di una canzone popolare. Basterebbe la semplice consapevolezza di una maggioranza dormiente che consideri il dono e il donarsi un comportamento collettivo virtuoso, come nel film “La vita è meravigliosa” del siciliano Frank Capra, viaggio nella memoria della nostra infanzia ingenua e sognante, quando il fango della scaltrezza pseudo adulta non aveva ancora intaccato il suo virgineo candore.
Tonino Calà

Condividi Questo Articolo