E’ venuta giù in una manciata di secondi, senza fragore, come i nisseni che piangono in silenzio i loro dolori inconfessati. L’Antenna RAI, ancora la più alta d’Italia, dopo essere stata la più alta d’Europa, non si staglierà più sul cielo più azzurro del Mediterraneo, a indicare una dimensione ultraterrena, la speranza della modernità che aveva rappresentato quando, nel 1951, per l’unica volta nella storia dopo la scelta del monumento al Redentore, Caltanissetta era stata valorizzata per la sua centralità, ospitando le comunicazioni di tutto il Mediterraneo.
Il vuoto nell’orizzonte della città può diventare un altro simbolo di speranza? Un richiamo alla responsabilità di ciascuno di noi per saper costruire qualcosa di nuovo sulle macerie della nostra memoria?
E’ difficile, ma è l’unica sfida che ci rimane per dimostrare di avere diritto alla vita, allo sviluppo, al progresso, alla speranza. Non ce lo regalerà nessuno questo diritto, nessuno di una classe dirigente insignificante e incapace che occupa, finché può, gli spazi virtuali del potere.
Il potere vero, quello che non si vede, aveva già deciso che l’Antenna non serviva più, così come non servono i simboli, perché, come dice l’etimologia di questo termine, i simboli “tengono insieme“.
E invece i nisseni conviene che siano “un volgo disperso che nome non ha”. Sempre di più
foto Il Fatto Nisseno