La nostra provincia, i nostri quartieri, hanno spesso visto partire tanti figli: giovani che scelgono di
studiare altrove, di costruire nuove esperienze, di inseguire sogni che qui sembravano troppo stretti.
Alcuni non fanno più ritorno, altri tornano solo per un saluto fugace. C’è chi invece, pur andando
lontano, porta nel cuore la propria terra, con il desiderio di restituirle sempre qualcosa.
È questa la storia del prof. Vincenzo Siracusa, docente a Roma, autore di numerosi testi e da anni punto di
riferimento della comunità sancaldese, dove ricopre il ruolo di presidente del quartiere Pizzo Carano-Sant’Anna. Un uomo capace, con il suo impegno culturale e sociale, di portare “la periferia al centro”.
Ed è proprio a lui che, ieri 6 settembre a Terrasini (PA), l’Università ISFOA ha voluto tributare un riconoscimento di straordinario valore. Dalle mani del Magnifico Rettore Vincenzo Mallamaci e del Senato Accademico, il prof. Siracusa ha ricevuto la Laurea Honoris Causa in Scienze Sociali e Umane.
Un momento solenne, carico di emozione, vissuto con la presenza dei suoi familiari e di illustri
figure del mondo culturale ed ecclesiastico: tra loro il Vescovo di Molfetta Mons. Domenico Cornacchia, successore di don Tonino Bello, e l’editore Carlo Guidotti.
La sala ha accompagnato con un lungo applauso il ricordo di Papa Francesco, al quale Vincenzo Siracusa ha voluto idealmente dedicare questa laurea, in segno di stima e riconoscenza per un pontificato che ha saputo
parlare al cuore degli uomini.
Con lui anche idealmente l’abbraccio della sua San Cataldo, figlio di una terra che, pur avendo percorso strade lontane, non ha mai smesso di tornare.
“E’ stato uno dei momenti più luminosi della mia vita”, ci dice Siracusa. Un traguardo che è anche un nuovo inizio. Perché una laurea honoris causa non si limita a premiare ciò che è stato, ma indica ciò che ancora può germogliare.
Un titolo che non si posa come una medaglia, ma come un seme.
Perché la vita del giovanissimo prof. è la dimostrazione che le radici non trattengono: sostengono. E
che le ali non servono a fuggire, ma a tornare più forti, più ricchi, più pronti a donare.
Radici per non dimenticare. Ali per continuare a volare.


