Gli eredi illegittimi della DC che non c’è più

fiorellafalci
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C’era una volta la prima Repubblica, e, al comando, c’era la Democrazia Cristiana. Anche il lessico della simil-politica di oggi: rimpasti, cambi di casacca, ri-posizionamenti e tanto altro, appartiene a quella storia e a quella pratica di gestione del potere, ma con una differenza di fondo. La discrezione, il silenzio, felpato o omertoso, che avvolgeva le manovre della cucina politica, facendo avvenire le cose senza parlarne in pubblico, senza comunicati stampa, senza clamore mediatico, quanto più profonde e clamorose erano le manovre stesse e i loro effetti.

Era uno stile, che riusciva a non fare decadere la cucina del potere oltre i limiti di una decenza sopportabile, badando agli effetti, piuttosto che alle tattiche, senza contrattazioni spiattellate sui media. C’era il Manuale Cencelli, che stabiliva i pesi e i contrappesi della lottizzazione, del governo e del sottogoverno, e c’erano i garanti che lo applicavano, solitamente parlamentari che legittimavano la propria posizione in base alle risposte che riuscivano a dare al territorio.

Quando questa capacità di dare risposte al territorio, in termini di sviluppo, di lavoro, di interessi tutelati, è venuta a mancare, la corruzione fine a se stessa ha prevalso e la prima Repubblica è caduta, sotto i colpi delle indagini giudiziarie, e in un contesto internazionale che non aveva più bisogno di un assetto politico bloccato come era stato in Italia per 40 anni.

Nessuna nostalgia per quel sistema, sia chiaro, ma poiché gli attuali “protagonisti” (si fa per dire) della vicenda che oggi ruota intorno al posizionamento nelle istituzioni locali (chiamarla politica sarebbe troppo), più o meno consapevolmente si rifanno a quel modello e a quella logica, non si può non rilevare l’infinita distanza in termini di stile, di decenza e di sostanza, anche rispetto ai contenuti che dovrebbero motivare le scelte.

È indecente leggere che qualcuno “passa alla cassa” e “bussa alla porta” di chi ha usufruito dei suoi “trenta denari” per esigere il prezzo del tradimento (pardon, del “nuovo posizionamento”), così come sta avvenendo in questi giorni con una tragicommedia che segna tutto il degrado in cui la nostra vita pubblica e istituzionale è scaduta.

E dire che alcuni di costoro avevano esordito in politica bruciando in piazza le bollette della nettezza urbana, cavalcando la tigre dei movimenti populisti e qualunquisti, proponendosi persino come “scorta civica” ai magistrati esposti contro la mafia: duri e puri, alternativi senza se e senza ma, in una parola: anti-sistema. Quelli che dicevano di volere aprire i luoghi del potere come “una scatoletta di tonno”.

Cosa ne è stato di quell’ondata di indignazione contro i guasti del potere, contro una politica che non pensava più ai problemi della quotidianità delle persone, contro una classe dirigente alla quale non si riconosceva più neppure il diritto di esistere nello spazio pubblico?

Sono diventati uguali ai “mostri” che volevano abbattere (il riferimento è al film omonimo, non si montino la testa), uguali e peggiori, perché privi di qualunque cultura politica, di qualunque riferimento ideale, di qualunque motivazione che non sia legata ad un proprio interesse personale.

E soprattutto privi di una funzione storica da svolgere nella società, come invece la Dc e i partiti della prima Repubblica, nel bene e nel male, hanno svolto, ognuno per la propria parte.

Sic transit gloria mundi. Forse per la DC che non c’è più la peggiore vendetta della storia è stata proprio questa genia di successori

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