Sembrava un Consiglio comunale della prima Repubblica, quello per l’approvazione del Bilancio di previsione 2025 del Comune di Caltanissetta, quando non c’era ascolto per il merito delle decisioni da prendere, se questo metteva in discussione la tenuta “granitica” della maggioranza al potere. A quei tempi si chiamava “l’arroganza del potere”.
Otto gli emendamenti che l’opposizione aveva presentato, niente di stravolgente per la struttura del Bilancio, concentrati su alcune priorità (Tributi, Villaggio S. Barbara, disabili, verde pubblico, rigenerazione urbana e promozione del territorio), diciotto gli emendamenti della maggioranza, più o meno su tematiche simili, puntati sulle manutenzioni e i lavori stradali in alcuni quartieri.
Sarebbe stato naturale trovare un punto di mediazione e valorizzare il ruolo del Consiglio comunale nel suo complesso, maggioranza e opposizione, senza stravolgere i ruoli, che è corretto rimangano divisi, pur nella convergenza su questioni parziali che sono di interesse comune.
Ma la maggioranza di centro-destra ha voluto imporre il suo diktat: se si volevano condividere gli emendamenti dell’opposizione l’opposizione avrebbe dovuto poi votare il bilancio nel suo complesso. È scontato, in tutte le istituzioni, che il voto sul bilancio determina i ruoli di maggioranza e di opposizione, e quindi, come avviene anche nel Parlamento nazionale e in quello regionale, è possibile votare uno o più emendamenti, su contenuti specifici, ma il voto complessivo sul bilancio è elementare che non possa essere condiviso, a meno di non volere eliminare tutti i ruoli e la funzione dell’opposizione e governare la città tutti insieme, senza distinzioni, sempre.
Sembrerebbe una esibizione muscolare della tenuta della maggioranza di centro-destra, che proprio in questi giorni invece è scossa fortemente dalle vicende legate alla elezione del Presidente della Provincia, con i partiti di centro-destra, tranne Forza Italia, che hanno dichiarato di votare un candidato diverso dal Sindaco di Caltanissetta che invece in un primo tempo era stato indicato.
Sono in corso trattative febbrili, calcolatrice alla mano, per misurare l’incidenza del voto ponderato che, come si sa, ha un valore diverso se espresso da Consiglieri delle città più popolose rispetto a quelli dei centri più piccoli. I calcoli e i risultati decideranno nelle prossime settimane il destino dell’amministrazione soprattutto nel capoluogo, dove i partiti di centro-destra si stanno scompaginando, dichiarando da parte di alcuni, di non volersi allineare alle decisioni dei propri gruppi dirigenti e di sostenere in ogni caso la candidatura del sindaco Tesauro. Un tentativo di “assicurazione sulla vita” da parte di chi rischia di ritrovarsi fuori dal governo, in mezzo ad una strada, e un tentativo di rinsaldare una leadership, quella dell’on. Mancuso, fortemente scossa dall’emergere di nuove istanze di autonomia in diverse componenti del centro-destra e anche dentro Forza Italia.
In questo scenario di manovre di sottobosco a farne le spese è ancora una volta la Città, che non trova una classe dirigente capace di concretizzare l’azione amministrativa e di tenere distinte, con altrettanta chiarezza, le posizioni e le coerenze politiche. I numeri in Consiglio non consentono, del resto, colpi di scena e trabocchetti. Si sarebbero potuti votare all’unanimità tutti gli emendamenti e poi votare il Bilancio nel suo complesso distinguendo i ruoli di maggioranza, favorevole, e di opposizione, contraria. Come avviene in tutte le istituzioni.
Ma ha prevalso il riflesso della contrapposizione, arrogante e prevaricatrice, che ha oscurato la ragionevolezza e la capacità di costruire punti di incontro utili, sulle questioni che riguardano la vita quotidiana dei cittadini. Gli emendamenti dell’opposizione sono stati respinti, tranne tre: quello di cui erano primi firmatari Federica Scalia, Vincenzo Cancelleri e Luigi Bellavia, approvati all’unanimità, con un imprevisto “strappo alla regola” che il centro-destra si era imposto. Farà parte di una “strategia di avvicinamento” a breve termine? Fino al 27 aprile ogni consigliere comunale del capoluogo è particolarmente prezioso.
Si è voluto a tutti i costi dimostrare “di avere i numeri” per poter fare da soli, di scegliere anche rispetto all’opposizione e umiliarla fino all’astensione finale, in una parola di poter comandare, non di saper governare. Ancora una volta gli ordini da Milena sono stati eseguiti.