Il prezzo del grano siciliano: una crisi che minaccia paesaggio, cultura e identità

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dal Consiglio Regionale di Italia Nostra Sicilia riceviamo e pubblichiamo:

Il crollo del prezzo del grano duro in Sicilia non è solo una questione agricola o economica: è un’emergenza che tocca la dignità dei produttori, la tutela del nostro paesaggio storico e l’essenza stessa della cultura alimentare italiana.
Secondo gli ultimi dati ISMEA, i costi medi di produzione del grano duro nell’area Sicilia- Puglia-Basilicata si aggirano intorno ai 318 euro a tonnellata, a fronte di quotazioni di mercato che spesso non superano i 295 euro. In alcuni casi, i prezzi reali riconosciuti agli agricoltori siciliani scendono addirittura sotto i 250 euro a tonnellata: una soglia che non consente neanche di coprire le spese di semina, irrigazione e raccolta.

È la cronaca di una perdita secca per chi lavora la terra, con il rischio concreto di abbandono delle coltivazioni e desertificazione produttiva.
Il grano in Sicilia non è una coltura qualsiasi: è l’ossatura del paesaggio agrario storico che ha plasmato colline, vallate e pianure per secoli. I campi di grano, alternati ad altre coltivazioni tradizionali, hanno costruito un equilibrio tra natura e cultura che costituisce parte integrante del patrimonio identitario dell’Isola.

La coltivazione del grano, in Sicilia, non è solo una voce di bilancio: è parte integrante del paesaggio agrario storico e dell’antropologia isolana, le cui tradizioni legate a tale coltura resistono ancora, specie nei piccoli Comuni. Inoltre, evitare la desertificazione agraria per l’abbandono di colture non remunerative, contribuisce al dissesto idrogeologico. Per non dire che per secoli, con il loro lavoro gli agricoltori hanno mantenuto in sicurezza pendii e vallate.

Si vuole al riguardo ricordare che la coltura del grano è legata alla sana pratica della rotazione agraria “grano – legumi”, con la quale si fertilizza la terra con procura che più “biologica” non si può. Guarda caso, anche i legumi sono uno dei piatti forti della cucina italiana.
Il paesaggio dei campi di grano: distese dorate che ogni estate caratterizzano l’entroterra isolano raccontano secoli di lavoro contadino e di equilibrio tra natura e cultura antropologica. La progressiva rinuncia alla semina, causata da un mercato non remunerativo, rischia di cancellare questo scenario, aprendo la strada a fenomeni di abbandono e di degrado del territorio, con conseguenze irreversibili non solo per l’economia, ma per l’ambiente, per la memoria storica dei luoghi e per il paesaggio agrario.

La crisi arriva in un momento simbolicamente cruciale: l’UNESCO si appresta a proclamare la Cucina Italiana patrimonio immateriale dell’umanità. Pane, pasta, pizza, dolci: tutte icone della nostra tavola che hanno come base essenziale proprio il grano.
Non si può celebrare la nostra tradizione culinaria senza difendere chi quel grano lo coltiva, spesso in condizioni difficili e con grande sacrificio personale, preservando varietà autoctone che rappresentano un patrimonio unico.

Tra queste, la varietà “Maiorca”, antica cultivar siciliana di grano tenero, rinomata per la sua purezza e per la qualità straordinaria che conferisce alle preparazioni dolciarie tradizionali. Che dire poi del grano duro
“Tumminia” che ha reso celebre il “pane di Castelvetrano”, del “Senatore Cappelli” e di tante altre pregiate ed inimitabili varietà, frutto dell’ingegno agrario dei nostri avi?
Lasciare che il “Maiorca” e le tante altre pregiate varietà di quelli che oramai vanno sotto la dicitura di “grani antichi” vengano marginalizzate o scompaiano significherebbe amputare un pezzo della nostra identità alimentare, paesaggistica e culturale.

La denuncia di Coldiretti ha acceso i riflettori su una situazione che non può più essere ignorata. Il nodo del prezzo del grano siciliano non riguarda soltanto gli agricoltori, ma TUTTI NOI perché tocca il paesaggio, la cultura e l’identità stessa della Sicilia e del Paese.
Dietro ogni piatto di pasta o ogni fetta di pane, ogni preparazione dolciaria di qualità c’è un campo che va coltivato, un’agricoltura che deve essere sostenibile non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico.

Senza questo equilibrio, il rischio è che il grano siciliano diventi un ricordo, insieme al paesaggio e alle tradizioni che lo hanno reso unico.
Difendere i nostri campi e i nostri agricoltori significa difendere la pasta che mangiamo ogni giorno, il pane che spezziamo a tavola, le ricette che raccontano la storia di un popolo. Se il grano siciliano muore, muore un pezzo dell’Italia.


Italia Nostra – Consiglio Regionale Sicilia

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