La “festa” dei morti

Francesco Daniele Miceli
4 Min Leggere


È autunno. E qui, nella nostra Caltanissetta, arriva, come in tutta la Sicilia, la festa dei Morti. Sì.
Perché non è la commemorazione dei defunti, nessuno del popolo la chiama così. È semplicemente
festa.

Oggi Halloween sembra dilagare come un fiume in piena nelle nostre piazze e nei nostri social, ma
qui, resiste un rito tutto nostro.
Un rito che parla di memoria, di affetto, di un legame che neppure la morte riesce a sciogliere.
Forse, per fortuna, le nostre tradizioni non sono ancora morte abbastanza.
C’era una volta un re… Così inizia la leggenda.
Un sovrano visitò il monastero della Martorana, a Palermo. Era autunno, il giardino delle suore era
spoglio, e per concludere degnamente il banchetto mancava la frutta.
Le suore, allora, impastarono zucchero e farina di mandorle: nacquero pesche, arance, fichi, pere e
melograni
che non venivano dalla terra, ma dall’ingegno e dalla grazia.
Li dipinsero, lucenti e veri, e li offrirono al re. Egli ne fu meravigliato, e piacevolmente ingannato.
Così nacque la frutta martorana, miracolo di dolcezza e fantasia, che da secoli riempie le vetrine delle pasticcerie siciliane. Oggi, per ragioni turistiche, si trova in ogni stagione, ma è solo in questi giorni, tra la Festa di Ognissanti e la Commemorazione dei Defunti, che i siciliani la comprano davvero: non per golosità, ma per tradizione, per amore, per ricordo.

Accanto alla frutta martorana, fanno la loro comparsa i pupi di zucchero: cavalieri, dame, cavalli e galli dalle tinte vivaci, vere sculture di zucchero.
C’è chi li dice di origine araba, chi li attribuisce a un dono per il re di Francia Enrico III.
Ma la leggenda più viva è un’altra: che i morti stessi li portino ai bambini, durante la notte tra l’1 e il 2 novembre.

A Palermo si lasciano dolci e frutti colorati. A Catania, il dono si accompagna a un giocattolo: un regalo che si compra alla grande Fiera dei Morti. Sembra quasi che Caltanissetta, con la sua posizione centrale, abbia assorbito da entrambi i lati della Sicilia.
Ogni giorno si offrono ai defunti preghiere, fiori, messe. Qui, una volta all’anno, sono loro a portare qualcosa a noi.
Un piccolo ribaltamento del mondo, un gesto che unisce i due lati della vita.

I bambini, al risveglio, trovano sul comodino un dono e imparano — con la tenerezza del dolce — a pronunciare una parola difficile: morte.
In Sicilia, la morte non fa paura. È una visita affettuosa, una carezza che arriva da lontano, profumata di mandorla e di zucchero.
Per questo, accanto alle zucche e alle maschere importate, vale la pena lasciare una frutta martorana o un pupo di zucchero ai nostri piccoli, e dire loro sottovoce: “…questo te lo hanno lasciato i morticini. Ci vogliono bene sempre, ci amano. Ed anche se ci mancano molto, sono con noi, hai visto? ”
Così forse la morte diventa, ancora una volta, vita.

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