“E Maria Assunta in cielu
È di l’anciuli adurata
Adurata fu Regina
Di la trinità divina!
Oh chi stidda luminusa
Di lu Spirtusantu è spusa
E Maria acchianà
E ppì tutta l’eternità!
Taliammu stu bellu visu
Quantu è bellu lu Paradisu!”
1887: era il tempo in cui Francesco e Vincenzo Biangardi erano pronti, dopo averne realizzato il progetto, per la realizzazione di una nuova e ambiziosa Vara: un sepolcro di finta pietra, il Cristo morto vegliato da donne in lacrime, soldati immobili come sentinelle. Ma quella “vara” non vide mai il sole. Rimase chiusa in un cassetto, come un sogno che non osa uscire.
Eppure, nello stesso anno, dalle mani degli stessi maestri prese forma un’altra meraviglia. Un altro “sepolcro”, questa volta aperto, pronto a lasciar fuggire la vita. Da lì, la Madonna pare balzare, un piede proteso come dopo un salto da trampolino, gli angeli intorno a sostenerla, il cielo che si spalanca nei suoi occhi. È l’Assunta dei Biangardi, la Madre che vola via dalla terra e abbraccia il Paradiso.
Il culto dell’Assunta, in Sicilia, ha radici profonde. Ne abbiamo parlato con l’antropologo palermitano Angelo Cucco: “Due sono le immagini che popolano l’isola: la Madonna gloriosa in cielo, come a Caltanissetta, o Maria addormentata, nella “Dormitio Virginis”, tradizione che i Cappuccini di Palermo custodivano con privilegio antico, fino a portarla dinanzi al viceré. In tutta la Sicilia sono stati infatti i Cappuccini a portare e tramandare questo culto. Nel palermitano è più diffusa l’immagine della Madonna che dorme. Molto bella è quella di Ispica. E come dimenticare quella che il Gaggini scolpì per la cattedrale di Palermo? A Messina, la festa diventa ingegneria e vertigine nella processione della Vara; a Mussomeli, ancora una Madonna dormiente, scolpita proprio da Francesco Biangardi quasi vent’anni prima di quell’Assunta nissena. A San Cataldo, a pochi passi da Caltanissetta un’altra Assunta, sempre legata ai Cappuccini…”
Anche a Caltanissetta il culto è legato ai frati francescani, che un tempo erano ospitati nel palazzo di viale Regina Margherita, luogo in cui fra’ Francesco Giarratana vide San Michele apparire e liberare la città dalla peste. Qui nacque la chiesa, tra il 1580 e il 1587, per volontà della contessa Aloisia De Luna e Vega, che scelse di riposare qui, accanto al giovane figlio Francesco Moncada. I frati Cappuccini studiarono tra scaffali di una biblioteca preziosa, oggi custodita alla “Scarabelli”.
Nel Settecento la chiesa crebbe, e nell’Ottocento si piegò a nuova funzione, inglobata nell’ospedale che sorse dove era il convento.
Dentro, ancora, si trovano numerosissime reliquie, una Dormitio Virginis di cera, un Crocifisso del XVIII secolo.
Le tele di Fra Felice da Sambuca e di padre Fedele da San Biagio Platani, un tempo qui, oggi sono parte della preziosa collezione del Museo Diocesano. Giovanni Mulè Bertolo, nel 1906, così ci accompagna alla visita del palazzo: “… è un elegante e insieme imponente edifizio. Pare che il luogo in cui sorge sia stato fatto apposta per essere destinato all’amor del prossimo: agli apostoli della carità, che, mendicando a nome di San Francesco, anche sfamavano i languenti fra le strette della miseria, sono successi altri apostoli di carità che prodigano le loro cure ai poverelli tormentati da malattie. La carità, che è opera dalla civiltà, brilla sempre come sempre brilla la luce del sole!”. Lo storico nisseno ci invita poi ad entrare, soprattutto per ammirare l’immenso presepe custodito, oggi scomparso.
La processione, un tempo sontuosa, ha conosciuto trasformazioni. Nei primi anni 2000 fu deciso, su parere di chi ne conosceva il valore e la fragilità, che la statua non avrebbe più preso parte alla processione: troppo preziosa per affrontare le strade. Per anni si portò in processione un quadro, finché nel 2006 Antonio Papa, della scuola scultorea di Lecce realizzò una copia, fedele nelle forme ma non nello sguardo. Il volto dei Biangardi resta insuperabile, e l’originale riposa oggi nella chiesa di San Giuseppe, mentre la copia vive nella chiesa dell’Assunta, agli estremi del viale Regina Margherita.
Oggi la comunità di San Giuseppe, che custodisce la festa, è un mosaico: numerosi sono gli africani, in particolare senegalesi, che riempiono i banchi e la navata. E non c’è immagine più bella, più vera, di quella Madre dalle braccia spalancate circondata da un arcobaleno di colori: tutti i colori della statua si intrecciano con quelli della vita e il messaggio dell’Assunta sembra allora parlare a tutti, senza confini.
Il 15 agosto, la città cambia pelle. Di giorno, le strade si svuotano, risucchiate da mare e campagne. Ma al calar della sera, quando la Madonna esce in processione, il viale si riempie come un fiume che riprende il suo letto. La banda suona, le voci si intrecciano, le luci si accendono. La copia avanza, ma nei cuori è l’originale a camminare.
E così, tra due secoli di storia, l’Assunta continua il suo volo. Un volo che non conosce caduta, come il piede teso dei Biangardi, ancora sospeso, pronto a saltare verso l’eterno.