E’ un’esperienza inusuale visitare la personale di Daniel Jaulmes, curata da Manfredi Spagnoli, Alberto Antonio Foresta e Noemi Ballacchino nello spazio prezioso dell’Officina degli Artisti, perchè le dimensioni dei dipinti e la loro “composizione” sulle pareti instaurano con il visitatore un rapporto senza gerarchie spaziali dominanti, chiamando lo sguardo alla responsabilità di confrontarsi direttamente con la quotidianità dell’esistenza che l’artista ha declinato con tratto delicato e profondo, mettendo in scena tutta la gamma dei colori e le tonalità della luce, vera protagonista della pittura narrativa di Jaulmes.
Le tele dipinte su supporti spessi, dipinte anche lateralmente, rimangono in rilievo sulle pareti, a suggerire che la realtà rappresentata continua anche fuori dal “quadro” e ricolloca i frammenti nel contesto comune, di cui anche noi facciamo parte, insieme alla storia che si riflette nei tratti impressionistici di alcune opere, nei contrasti di luce di un Caravaggio gentile, negli azzurri alternati con il buio che ricordano Chagall, nell’iperrealismo quasi fotografico della chiesa barocca memoria di un viaggio in Sicilia.
Venticinque opere, illuminate sapientemente, nel salone con le arcate dell’Officina, apparentemente minimaliste, a cominciare dalle dimensioni, penetrano senza superbia nell’anima di chi le guarda perché sollevano alla coscienza memorie, stati d’animo, sedimentati dal tempo dentro di noi, e lo fanno quasi sempre senza inquietudine, ma anche senza facile consolazione. Aprono le domande sull’identità sfuggente, inaccessibile nella sua profondità, e ci consegnano la responsabilità di cercare le risposte, dentro di noi, per la nostra vita.
Uno specchio grande, all’entrata e all’uscita, ci regala la nostra immagine incorniciata, a ricordarci che di quelle visioni dell’arte siamo parte anche noi.
l’Officina degli Artisti ha regalato alla città queste esperienze, queste domande di senso attraverso l’arte, con il coraggio e la libertà della totale gratuità, attraendo le persone nei meandri di un centro storico marginale, in una zona antica e dimessa in cui lentamente si vanno ristrutturando spazi, recuperando produzioni, rigenerando relazioni, come dovrebbe essere in tutto il centro storico. Per la città potrebbe cominciare un’altra storia





 
 
 
  
  
 