A S. Cataldo il dolce identitario è la ciambella, anzi, la ‘Ngiambella: una nuvola di dolcezza che ha le sue origini nella semplicità della civiltà contadina, buona da gustare in tutti i momenti della giornata.
I sapori sono componenti essenziali nella memoria dell’identità personale e collettiva. Per questo S. Cataldo dedica da diversi anni un evento speciale alla sua ‘Ngiambella, e quest’anno la Sagra della Ciambella si terrà il 10 novembre in via Garibaldi dalle 17,30, con momenti di musica e animazione per i bambini in piazza Largo Salamone.
La Sagra è stata costruita con un progetto che ha coinvolto diverse componenti della città: i Pasticceri Fornai, il Liceo Artistico “Juvara” e la Pro Loco, mettendo insieme competenze artigianali e culturali per proporre una full immersion nella tradizione, promossa dal Comune di S. Cataldo, con il sindaco Gioacchino Comparato e gli assessori Marianna Guttilla (Cultura) e Michele Falzone (Tradizioni) e con il contributo della Regione nell’ambito del progetto “La Sicilia che piace”.
La ciambella di S. Cataldo non corrisponde al significato comune di questo termine: niente buco al centro, niente sofficità, niente tortiera. E’ un dolce leggero, di colore chiaro, che anticamente veniva portato anche alle persone malate, semplice ma buonissimo e digeribile.
E’ una antica ricetta di origine contadina, preparata con soli tre ingredienti: uova fresche, zucchero grezzo e farina di grano tenero maiorca. Si può anche miscelare la farina con il cacao amaro in polvere, oppure puoi aromatizzare la preparazione con un pizzico di cannella o i semi di una bacca di vaniglia.
Da qualche anno la ciambella di San Cataldo è entrata a far parte del presidio “Slow Food”, riconosciuto il suo valore di tutela di una tradizione alimentare legata alla storia del territorio e all’identità della sua popolazione.
L’aroma delle ciambelle appena sfornate esalta la potenza della memoria, i ricordi legati all’infanzia, ai momenti felici o significativi che hanno lasciato un segno dentro di noi. Ne ha scritto magnificamente Marcel Proust nel suo “Alla ricerca del tempo perduto” ricordando le madeleine immerse nel thè caldo che evocavano la sua infanzia.
Il cibo, con la sua capacità di animare tutti i nostri sensi e di essere condiviso e tramandato di generazione in generazione, esprime la cultura materiale di una comunità, l’identità collettiva e il contesto in cui si svolgono le fasi della nostra vita.
Dedicare ad un dolce identitario un evento pubblico di valorizzazione e condivisione è un’occasione preziosa di costruzione di legami sociali autentici, non virtuali, non anonimi, a cui ciascuno può legare una memoria significativa e sentirsi parte di una comunità e della sua storia.

