MuDes, dove gli oggetti aprono i cassetti della memoria

Francesco Daniele Miceli
3 Min Leggere

Ci sono angoli della memoria che sembrano chiusi per sempre, come cassetti dimenticati. Poi, improvvisamente, basta un oggetto per riaprirli: una penna, una sedia, un vecchio telefono a disco.
E da quei piccoli gesti, da quelle forme familiari, riaffiora un tempo che credevamo lontano — e che invece è ancora qui, a raccontarci.

Tra le tappe delle Vie dei Tesori, il MUDes – Museo del Design è un viaggio dentro quel tempo: non il passato remoto delle pietre e delle chiese, ma quello recente delle case, delle mani, delle abitudini. È un luogo che non profuma di secoli, ma di anni. Di vita quotidiana.

Appena si entra, il colpo d’occhio è sorprendente: sedie, lampade, bottiglie (quelle della Coca-Cola ci sono praticamente tutte), strumenti musicali, radio, telefoni, complementi d’arredo e poi…   un rotolo di carta igienica accanto a una penna, un grammofono del 1918 accanto a una sedia di design.
Tutto sembra scomposto eppure perfettamente coerente. Perché ogni oggetto racconta qualcosa, ogni accostamento rivela un legame invisibile tra epoche e stili, tra bisogni e bellezza.

A guidarci in questa immersione nel tempo sono i ragazzi del Manzoni–Juvara, giovani entusiasti, preparati e coinvolgenti. Hanno negli occhi la curiosità di chi sogna di diventare architetto, artista, designer. E si muovono tra le opere con la naturalezza di chi riconosce, in quegli oggetti, il seme del proprio futuro creativo.

Il museo nasce dal cuore e dalla visione di Liborio Di Buono, curatore e collezionista appassionato.
Dal 2016, il suo angolo del design “SostaVisiva”, nato all’interno dello showroom Di Buono Arredi, è diventato uno degli spazi più interessanti dedicati al design italiano.
Tra i pezzi esposti si incontrano Castiglioni, Magistretti, Sottsass, Zanuso, ma anche i giganti del razionalismo del Novecento — Le Corbusier, Mies van der Rohe, Eames, Rietveld — in un dialogo continuo tra epoche e visioni.

Per il Festival, una sezione speciale ospita oggetti provenienti dalla collezione di Sergio Farinella, custode appassionato della memoria nissena.

Visitare il MUDes durante le Vie dei Tesori è come entrare in una macchina del tempo gentile.
Non serve andare lontano: basta lasciarsi guardare dagli oggetti.
Perché in ognuno di loro, nascosto tra le pieghe del design e dell’uso quotidiano, vive ancora un frammento di chi li ha toccati, usati, amati.
Persone comuni, ignare che il mondo — così come lo conoscevano — stava per cambiare in fretta.
E allora sostare qui, tra mangianastri e macchine da scrivere, tra calcolatrici col rullo e vecchie radio, significa riconoscersi in un’epoca senza tecnologia, senza internet, senza schermi.
Un tempo vicino eppure lontanissimo, che oggi ci parla con la voce dolce della nostalgia e con la forza silenziosa del senso: ricordarci chi eravamo, per capire meglio chi siamo diventati.

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