Papa Francesco: “La speranza è avere il coraggio di cambiare le cose”

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Aperto dal Santo Padre il Giubileo 2025 “Pellegrini di speranza” con l’apertura della Porta Santa

Papa Francesco ha aperto la Porta Santa nella notte di Natale: su una sedia a rotelle, il primo Papa nella storia a farlo, senza nascondere la sua fragilità, valorizzando, anzi, quello che nella società tutti giorni viene considerato “scarto”. Lo ha fatto per dare forza alla Speranza, che sarà al centro delle riflessioni e delle esperienze di questo Giubileo, che si intitola appunto “Pellegrini di speranza”.

Ma della speranza cristiana ha offerto una lettura impegnativa e incoraggiante, non consolatoria né percorso di evasione, come ha spiegato bene nell’omelia:

Questo è il nostro compito: tradurre la speranza nelle diverse situazioni della vita. Perché la speranza cristiana non è un lieto fine da attendere passivamente, non è l’happy end di un film: è la promessa del Signore da accogliere qui, ora, in questa terra che soffre e che geme. Essa ci chiede perciò di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia; ci chiede – direbbe Sant’Agostino – di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, che è il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia.

Impariamo dall’esempio dei pastori: la speranza che nasce in questa notte non tollera l’indolenza del sedentario e la pigrizia di chi si è sistemato nelle proprie comodità – e tanti di noi, abbiamo il pericolo di sistemarci nelle nostre comodità –; la speranza non ammette la falsa prudenza di chi non si sbilancia per paura di compromettersi e il calcolo di chi pensa solo a sé stesso; la speranza è incompatibile col quieto vivere di chi non alza la voce contro il male e contro le ingiustizie consumate sulla pelle dei più poveri.

Al contrario, la speranza cristiana, mentre ci invita alla paziente attesa del Regno che germoglia e cresce, esige da noi l’audacia di anticipare oggi questa promessa, attraverso la nostra responsabilità, e non solo, anche attraverso la nostra compassione. E qui forse ci farà bene interrogarci sulla nostra compassione: io ho compassione? So patire-con? Pensiamoci”.

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