Personaggi della nostra storia: Lino Miccichè

Lillo Ariosto
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Un caltanissettese avvinto al cinema. Autore, giornalista, scrittore, docente, presidente di enti e sindacati. Uno dei massimi critici internazionali del cinema mondiale.

“Un fari l’artista” (Non fare l’artista) – dalle nostre parti – viene rivolto a chi ritiene di saper fare qualcosa di cui gli altri non sono abili o chi, presuntuosamente, si ritiene migliore di chi lo circonda. In entrambi i casi persiste il sottinteso mancato riconoscimento delle doti celebrate. Non per tutti è così. Alcuni si rivelano dei veri talenti e si dimostrano in grado di raggiungere le massime vette, per alcuni, inattese.

E’ il caso di un caltanissettese che, seguendo l’altro detto locale Cu nn’esci arrinesci” (Chi va via trova successo), allontanatosi sin da giovane dalla città natìa, ha raggiunto i principali vertici della settima arte. Così coniò il cinema il critico Ricciotto Canudo nel 1921, quando ne pubblicò il manifesto. E’ proprio nel campo della critica cinematografica che il Lino Miccichè ha raggiunto i massimi successi.

Niccolò Miccichè, detto Lino, nasce a Caltanissetta il 31 luglio del 1934. Completa gli studi. Conduce in apparenza una vita di provincia. Coltiva interessi diversi, in particolare il cinema, segno di una intelligenza vivace ma – come tutto quello che è appartiene alla Mancha Nissena – abilmente mimetizzata, se non celata, quasi tenuta segreta. Inizia a scrivere qualche commento sulla stampa locale. Si fa conoscere presso alcune testate del settore.

E’ impegnato politicamente. Alla fine degli anni cinquanta comincia a collaborare con alcune riviste nazionali di cinema. I suoi commenti sono apprezzati. Tenta anche la via della regìa cinematografica. Riscuote un discreto successo fra gli addetti ai lavori. Gira alcuni cortometraggi a soggetto di impronta neorealista.

Nel 1962 arriva un primo riconoscimento. Dirige con Lino Del Fra e Cecilia Mangini il documentario Allarmi siam fascisti”. Sotto una originale lente, tra la cronaca e il documentario, racconta la nascita, la affermazione e la caduta del regime di Mussolini. Poco più che ventenne viene nominato responsabile dei Centri Universitari Cinematografici.

Nel 1965 il primo grande salto. Idea la Mostra Internazionale del “Nuovo Cinema”, di Pesaro. Ne sarà direttore per lungo tempo, rimanendo componente del comitato organizzatore per quasi quarant’anni. All’interno della rassegna organizza una serie di convegni sulla new wave del cinema internazionale degli anni Sessanta.

Sdogana la cinematografia dei paesi dell’Est Europa. Analoga operazione svolge con il nuovo cinema tedesco e con il “New American Cinema” che mostra la nuova America, lontana dagli stereotipi cinematografici degli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento.

Da militante politico, nel 1968, instaura un dialogo con gli studenti che contestano il Festival pesarese, decidendo di abolire i premi. Diversamente che in altre rassegne raggiunge il compromesso di introdurre la gestione assembleare della manifestazione. L’esito della sua mediazione consente al Festival di proseguire senza traumi, a differenza di quanto accade nello stesso anno alla Mostra di Venezia.

E’ socialista di estrazione lombardiana. Diviene direttore della rubrica di cinema del quotidiano di partito Avanti! . E’ un critico e un recensore instancabile. Nel 1973 inizia l’insegnamento di storia del cinema all’Università di Trieste. Insegna anche all’Università di Siena. Viene chiamato alla docenza alla prestigiosa Università della Sorbona di Parigi e alla Università die Roma Tre, dove fonda il Dipartimento di Discipline dello Spettacolo (DAMS). È critico cinematografico del TG3.

Viene eletto Presidente del Sindacato Nazionale dei Critici Cinematografici. Vi svolge un ruolo attivo. E’ artefice e costantemente al centro di nuove iniziative. Durante la sua presidenza viene creata, alla Mostra di Venezia, la Settimana della Critica.

Con Venezia mantiene un ruolo sempre di primi piano. Nel 1997 diventa presidente della Biennale. E’ un successo continuo. Nel 1998 è presidente del Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Ricopre la carica di presidente anche della FIPRESCI, la Fédération Internationale de la Presse Cinématographique, la prestigiosa associazione internazionale di critica cinematografica fondata a Bruxelles nel 1930. Il suo impegno, la sua opera, le sue iniziative sono continui. Sarà così sino alla morte avvenuta in Roma il 1° luglio del 2004.

Non compie neanche settant’anni.

Miccichè è stata una figura influente, importante, potente ma soprattutto autorevole. Forse spigolosa. Autoritaria per certi versi. Dal carattere rigoroso. Miccichè pur mantenendo una certa distanza anche se non con tutti, ha intrecciato rapporti molto stretti con le persone di cui aveva maggiore stima intellettuale. Numerose le sue prefazioni in vari volumi di cinema, le sue ospitate all’estero sempre come promotore della conoscenza del cinema italiano. Tanti i suoi libri, le numerose pubblicazioni, molte oggi introvabili ma molto ricercate dai nuovi studiosi sensibili all’indagine e alla memoria della vecchia scuola di cinematografica.

I saggi di Lino Micciché sul cinema italiano rimangono fondamentali per chi vuole conoscere la materia, in quanto contengono moltissime relazioni tenute in convegni organizzati come iniziative collaterali alle Mostre Internazionali del Cinema. Rimangono fonti essenziali per i diversi ambiti cinematografici, poiché investono oltre il linguaggio e l’arte filmica, anche l’economia, la politica, le istituzioni del cinema.

Le sue opere sul cinema italiano comprendono saggi generali, sceneggiature, dizionari e cataloghi, monografie e dossier su autori e attori. Danno l’opportunità di documentarsi su grandi registi quali Antonioni, Fellini, Visconti, Pasolini, Rossellini. Di molti fu suggeritore nascosto.

Numerose le pubblicazioni in lingua straniera sul cinema internazionale. Peculiari i saggi riguardanti il cinema dell’America latina, dell’ex Unione Sovietica e dell’Europa dell’Est. Sono il risultato dei molti anni di sue ricerche e viaggi intrapresi all’estero. Molti gli scritti lasciati su autori di spicco come Allen, Bergman, Bresson, Buñuel, Dreyer, Ford, Godard, Hitchcock, Ivens, Keaton, Kiewslowski, Lang, Losey, i fratelli Marx, Renoir, Stroheim, Tarkovskij, Truffaut, Welles.

Miccichè ha lasciato un segno nelle varie università in cui ha insegnato. Da Siena alla Sorbona, da Trieste fino a Roma. Una nuova generazione di docenti suoi allievi occupa oggi un posto di rilievo nella comunità scientifica di studi sul cinema. È del 2013 Lino Miccichè, mio padre – Una visione del mondo il documentario del figlio Francesco Miccichè che racconta la sua vita. Un ritratto limpido sulla personalità mista e complessa, piena di passione per il mondo e per la vita.

Nato a Caltanissetta.

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