S. Chiara a Caltanissetta. Uno scrigno di luce e di …silenzio

Francesco Daniele Miceli
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Santa Chiara d’Assisi, “la pianticella di Francesco”, non ha mai avuto nella nostra città la stessa popolarità del fratello Poverello. San Francesco, come una vera superstar, anche nella nostra città è dappertutto: nei nomi delle strade, nei quartieri, nelle statue, nei dipinti e nelle chiese. Chiara, invece, sembra quasi dimenticata, ma non del tutto.

La sua figura è una forza luminosa. Era una giovane donna capace di scegliere la povertà non per costrizione ma per amore, di vivere nascosta agli occhi del mondo per essere più vicina a Dio.
Francesco la chiamava “pianticella” non per fragilità, ma perché da lui ricevette il seme di una vita nuova, e lo fece germogliare in un giardino di preghiera e di luce.
A Caltanissetta, il suo spirito ha trovato casa nel 1932, quando il vescovo Giovanni Iacono volle fondare la comunità di suore presso la chiesa di San Giovanni Battista. Due anni dopo, il 4 gennaio 1934, il monastero ottenne l’erezione canonica. Ma l’11 luglio 1943, la guerra portò distruzione in città e le bombe colpirono in pieno anche il convento e le sorelle furono costrette a rifugiarsi nell’Ospizio cittadino.

Nel 1957 nacque una nuova sede in contrada Palmintelli, ma nel 1963 una frana le costrinse a partire ancora. Villa Ascione, residenza estiva del seminario, divenne il loro riparo temporaneo fino al 24 marzo 1968, quando l’attuale monastero aprì le porte. Dal 29 novembre 1992, accanto, si erge la chiesa ottagonale. C’è chi dice che sia stata costruita a forma di “lanterna”, meta di chi cerca una luce per orientarsi nel buio.

Il 9 maggio 1993 è una data che, per Caltanissetta e per la vita di questo monastero, non sarà mai dimenticata: Giovanni Paolo II varcò eccezionalmente la clausura, per conoscere una ad una le sorelle, per parlare con loro e portare la sua parola tra quelle mura.

Non fu l’unico uomo a entrare: circa vent’anni fa, il poliedrico Roberto Gallà allestì un vero e proprio studio di registrazione per dare voce alle sorelle, che incisero un CD con canti dedicati alla vita e alle opere della loro santa.

Oggi, ogni 11 agosto, festa di Santa Chiara, la gente accorre numerosa. Qualcuno resta per pochi minuti, altri si fermano a parlare con le monache attraverso le grate.
Nel mondo di oggi, dove il rumore è continuo e il silenzio è quasi sospetto, queste scelte sembrano appartenere a un’altra epoca. Eppure, da secoli, uomini e donne in ogni angolo della terra – che siano cristiani, buddisti o di altre vie spirituali – scelgono di vivere così, immersi nella quiete.

Forse perché il silenzio non è solo assenza di suono: è uno spazio in cui ritrovarsi, una sorgente dove il cuore si disseta. C’è in esso qualcosa di più grande di ciò che percepiamo: non un lusso, ma un bisogno profondo, antico quanto l’uomo stesso.
Forse il silenzio, come la luce, non ha bisogno di essere spiegato: basta entrarci dentro, e ci si accorge che da sempre ci stava aspettando.

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