Notizie inedite sulla storia nissena al Convegno del 27 maggio con Daniela Vullo e Rosanna Zaffuto Rovello

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Caltanissetta nella seconda metà del ‘500: una città attiva, culturalmente vivace, con una società civile dinamica, e soprattutto una famiglia feudale che ne aveva fatto la propria capitale, i Moncada. Così è emersa dal convegno di studi tenutosi nell’antica chiesa di S. Maria degli Angeli a cura della Soprintendenza dei BB.CC.AA. di Caltanissetta, relatrici la prof. Rosanna Zaffuto Rovello e l’arch. Daniela Vullo.

La nuova analisi è partita dal diario personale di Francesco II Moncada, manoscritto in spagnolo ritrovato a Cadice nella biblioteca privata del duca Medina Sidonia e pubblicato da Santiago Hernandez Martinez, scoperto in una ricerca digitale dallo studioso Arcangelo Vullo, che si era confrontato con la prof. Rosanna Zaffuto Rovello prima di pubblicare un articolo sul Moncada su una rivista specializzata.

La prof. Zaffuto lo ha tradotto in italiano, e ha cominciato ad analizzarlo, ritrovando in ogni pagina notizie e riferimenti alla storia di Caltanissetta nella seconda metà del ‘500, verificandole con riscontri di archivio, e scoprendo aspetti della storia sociale e politica nissena assolutamente inediti.

L’architetto Daniela Vullo ha seguito lo stesso metodo per illuminare di nuova luce la storia urbanistica di Caltanissetta, localizzare chiese e palazzi di cui si parla nel diario che non esistono più o che sono stati inglobati in altri complessi monumentali, e ridefinendo anche la topografia del centro storico nisseno con i nuovi particolari che sono emersi dal Diario. A cominciare dalla localizzazione di quella che doveva essere la piazza principale, che non era sicuramente l’odierna piazza Garibaldi, in cui neppure la chiesa madre, oggi cattedrale, era ancora stata completata. Oppure del palazzo di residenza dei Moncada, quando non era ancora stato costruito il Palazzo che oggi si colloca con la sua mole nel cuore del centro storico.

Una lezione di metodo storico quindi, nel convegno del 27 maggio, e la dimostrazione di come “interrogando” opportunamente un documento, si possano ricostruire storie, territori, vicende sociali, al di là delle intenzioni di chi il documento ha prodotto.

Francesco Moncada infatti, non scriveva il suo diario, tutti i giorni nel 1587 e buona parte del 1588, perché fosse pubblicato, ma lo scriveva in spagnolo probabilmente per acquisire padronanza della lingua dell’impero, a quel tempo la Spagna di Filippo II, nel quale il suo ruolo e la potenza della sua famiglia, lo destinavano ad una brillante carriera militare e politica.

Nessuna introspezione soggettiva o sentimentale, infatti, nelle sue pagine, ma solo descrizioni oggettive di eventi, incontri, viaggi, e soprattutto momenti della vita cittadina, che si rivelano oggi da quelle pagine sorprendendoci e portandoci a rivedere alcuni punti fermi della storia nissena.

La notizia più importante riguarda il castello di Pietrarossa, il maniero di origine alto-medioevale che dominava la Valle del Salso e che aveva ospitato i Parlamenti della Sicilia nel 1295, 1361 e 1378, passato in proprietà ai Moncada nel 1407, quando avevano presso possesso della città.

Ritenuto da sempre distrutto da un terremoto o da una frana nel 1567, secondo il Diario risultava invece frequentato e abitato proprio da Donna Luisa Moncada, ancora nel 1587, quando Francesco va a visitare la madre il 29 dicembre, facendo presupporre quindi la possibilità di un soggiorno confortevole e riscaldato per la Contessa in un castello perfettamente agibile.

Così come sorprendente, nella descrizione dei festeggiamenti cittadini per il ritorno a Caltanissetta di Francesco dopo un viaggio, la composizione poetica a lui dedicata dal poeta GiovanTommaso Villa, non particolarmente conosciuto, ma autore, nel madrigale, di un complicatissimo gioco enigmistico di versi acronimi a diversi incroci, tipico della retorica barocca, e quindi assolutamente ante-litteram nel 1587, soprattutto in una città ritenuta da sempre molto lontana dai centri culturali e politici dell’Italia delle corti rinascimentali.

Evidentemente non era così, così come le feste pubbliche che sono documentate dal Diario e rivelano grande ricchezza delle esibizioni, con artisti di strada, fuochi pirotecnici, la Fiera, il Palio dei Cavalli, competizione senza esclusione di colpi che si svolgeva due volte l’anno, il 29 settembre e il 6 agosto, o come la corsa dei tori, l’Enserro,  il 27 luglio, nel giorno della festa di S. Venera, il  liberati da un recinto sulla collinetta di S. Flavia, lasciati scorrazzare in discesa per le strade del centro storico, sul modello della corsa di Pamplona, in linea con le tradizioni spagnole più popolari. Si parla persino del gioco del calcio, praticato dai gentiluomini sulla piazza, evento raro in quell’epoca, praticato allora in Inghilterra, o, in costume, per la corte di Firenze, ben prima di diventare uno sport popolare.

Presentato anche, tra le slides proiettate al convegno, il ritratto di Donna Luisa Moncada dipinto con molta probabilità dalla pittrice Sofonisba Anguissola, artista cremonese che aveva sposato il cognato Fabrizio Moncada, ritratto battuto ad un’asta di opere d’arte a Vienna lo scorso anno e acquistato da un privato per una cifra considerevole, l’unico ritratto conosciuto della Contessa di Caltanissetta.

Donna Luisa oltre a governare con autorevolezza uno stato feudale esteso per un terzo della Sicilia, era anche esperta di erbe officinali, aveva nel suo palazzo un laboratorio di aromi e profumi, e aveva confezionato le ampolle con gli unguenti medicamentosi che il figlio Francesco avrebbe consegnato al comandante delle 34 navi in partenza da Palermo per l’Inghilterra al seguito della Invincibile Armada di Filippo II.

Caltanissetta era quindi partecipe anche della politica estera dell’impero spagnolo, proprio attraverso la famiglia Moncada.

L’analisi del Diario del principe non è ancora stata completata. Altre notizie sorprendenti probabilmente emergeranno dalle prossime indagini.

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