Democrazia e referendum

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di Rocco Gumina

È meglio la peggiore delle democrazie che la migliore delle dittature (Sandro Pertini)

Se è vero che le odierne democrazie attraversano una fase critica è ancora più vero che per statuto – come sostengono gli studiosi della scienza politica – gli istituti democratici sono perennemente in crisi. Fra le democrazie “occidentali” vi è anche quella italiana. Figlia di un crogiolo culturale, sociale e storico venuto fuori dalla tragedia della seconda guerra mondiale e del ventennio fascista, per quasi cinquant’anni la nostra democrazia è stata governata da esecutivi guidati a maggioranza dal medesimo partito.

All’indomani dell’onnipotenza democristiana e del crollo del mondo uscito dall’immediata ricostruzione postbellica, la democrazia dell’alternanza inaugurata in Italia negli anni Novanta ha raggiunto abbondantemente “la maggiore età” ma non la piena maturità. Infatti il metodo della delegittimazione dell’avversario politico, ora al potere ora all’opposizione, è una costante del sistema di cultura politica in Italia che inaridisce ad ogni livello le fibre vitali della prassi democratica.

Ciò è stato rilevato anche nello scontro che i vari partiti hanno inscenato prima e dopo la celebrazione dell’ultimo referendum. Credo che a partire da questa prospettiva vada sviluppata un’analisi critica del risultato delle urne.

Intanto va precisato che lo svolgimento di un appuntamento referendario è un segno di vitalità per una democrazia quindi sembra paradossale che si reputi moribonda un’istituzione democratica all’indomani del referendum.

Difatti le fragilità del nostro sistema sono ascrivibili a ben altri fattori che l’occasione referendaria al massimo ha manifestato soltanto in parte. Tuttavia, come è stato ampiamente registrato in questi giorni, forse andrà rivisitato l’’istituto del referendum anche se i problemi da affrontare in merito alla vivacità democratica del nostro Paese sono altri.

I temi sollevati dai quesiti referendari erano congiunti a due argomenti chiave e dunque imprescindibili per le moderne democrazie ovvero il lavoro e la cittadinanza. Su simili tematiche dovremmo aspettarci un grande coinvolgimento di forze, di soggetti e di cittadini in grado di orientare, in un modo o in un altro, il presente e il futuro della nostra comunità. Invece ciò non è avvenuto e il motivo non è legato alla scelta di astenersi caldeggiata dalla maggior parte delle forze che compongono l’attuale esecutivo.

L’indifferenza, il disinteresse, la mancata partecipazione al voto, il dibattito fra i partiti ridotto a schermaglie fra bulli emergono come punte di un iceberg che logora la nostra democrazia. Di questo dovremmo discutere e operare al fine di invertire una tendenza che non potrà mirare al superamento definitivo della crisi della democrazia, poiché insita nella propria natura, bensì ad arginare un fenomeno culturale ancora più inquietante ovvero il distacco misto a indifferenza per la vita democratica del proprio Paese.

L’evoluzione del percorso dell’ultimo appuntamento referendario lo dimostra chiaramente. Occorre preoccuparsi dell’allontanamento fra i partiti e i cittadini, del rifiuto che non solo i giovani hanno dei modelli vetusti di organizzazioni partitiche, della partecipazione dei cittadini ai processi politici intesa come garanzia per il presente e il futuro della nostra democrazia.

Così attraverso l’esito del recente referendum comprendiamo ancora una volta come occorra lavorare a favore di una politica meno divisiva e più partecipata che favorisca l’impegno in prima persona anziché le leadership forti ma solitarie.

In definitiva urge alimentare una speranza operante per e nella democrazia la quale anche se sgangherata resterà sempre superiore alla migliore fra le dittature.

Rocco Gumina

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