In un articolo di Alan Scifo su «Il Fatto Quotidiano» in data 21/09/2024 veniva annunciata (quello che si sapeva da anni) la «bonifica e riattivazione dopo 30 anni» della miniera Bosco con il «recupero degli scarti che verranno utilizzati per i mezzi spargisale».
L’iniziativa, in realtà, parte dal progetto di finanza (ex art. 183 D.lgs. 2016 «Codice dei Contratti Pubblici») presentato dalla Società General Mining Research Italy S.r.l. (G.M.R.I.) nel 2021 «concernente i lavori per la rimozione dell’ammasso salino ed il recupero ambientale dell’area interessata all’ex sito minerario di Bosco – S. Cataldo nei termini e nei modi così come progettualmente previsti».
Nel settembre 2022 il Dipartimento dell’Energia, del competente Assessorato Regionale, aveva chiesto di elaborare la versione definitiva del progetto. Contestualmente, era stato sottoscritto un accordo di collaborazione con l’Enea per il supporto tecnico-scientifico, mentre il dipartimento regionale Acque e rifiuti aveva dato il via alle procedure per la bonifica dell’amianto presente in alcune parti limitrofe all’area.
La G.M.R.I. S.r.l., in qualità di soggetto promotore del progetto di finanza, per come si legge nel comunicato della Regione, ha goduto del diritto di prelazione, come previsto dalla normativa. A giugno 2022, il progetto è stato inserito nel piano triennale delle opere di interesse regionale ed è stata avviata la verifica ambientale, propedeutica all’approvazione in concessione dell’area. Concluso l’iter burocratico, dovrebbe partire la riconversione e riqualificazione del sito minerario.
A settembre 2022 viene anche individuato il Responsabile Unico dei Lavori (RUP) nella persona di un funzionario direttivo dello stesso Assessorato Regionale all’Energia.
L’avvio della riconversione il 05 agosto 2024 viene annunciato con un reboante comunicato dal Presidente Schifani sul sito della Regione. L’investimento messo in campo dalla G.M.R.I. che «avrà in concessione l’area» si aggirerebbe intorno a 10 milioni di euro «per valorizzare l’ammasso salino prodotto per decenni nel corso dell’attività del sito minerario», riconvertendolo, ad esempio, in prodotto da utilizzare contro il gelo nelle strade.
L’iter autorizzativo è stato seguito dall’assessorato dell’Energia. Sul fronte ambientale, il progetto, per come riferito dai comunicati ufficiali, «prevede la sistemazione idrogeologica dell’area, la realizzazione di un campo fotovoltaico e la piantumazione di essenze arboree resistenti ai terreni salini. Per le casse della Regione è previsto un incremento del gettito fiscale e il versamento del canone di produzione mineraria».
In quell’occasione il Presidente Schifani afferma anche che «Grazie alla virtuosa collaborazione tra pubblico e privato risolviamo una criticità che aveva pesanti ripercussioni sul fronte ambientale e trasformiamo ciò che per anni è stato ritenuto un rifiuto da smaltire in una preziosa risorsa economica. Mi piace sottolineare – sostiene ancora Schifani – che l’iniziativa è assolutamente a costo zero per l’amministrazione regionale e ci consentirà anzi di avere maggiori entrate e di creare nuova occupazione. Saranno, infatti, una ventina le persone impiegate direttamente nel sito e circa altre trenta quelle nell’indotto (ma non dovevano essere centinaia?). L’intervento del settore privato – afferma ancora Schifani -, quando è competente e professionale, può rivelarsi un forte acceleratore per lo sviluppo della nostra economia, e concorrere con il sistema pubblico a migliorare la qualità dei servizi erogati ai cittadini».
La miniera di San Cataldo iniziò la produzione nel 1960 con l’allora società Montecatini, e contemporaneamente furono iniziate le ricerche nella zona circostante, al fine di individuare nuove vene di minerale. Furono rinvenuti strati coltivabili di Kainite, cosicché fu aperta una sezione della miniera, denominata “Palo“, il cui materiale estratto veniva trasportato tramite camion all’impianto di trattamento.
A seguito dell’aumento della quantità di minerale estratto, fu costruito sul posto un impianto di arricchimento del minerale, che veniva inviato, tramite teleferica lunga 18 Km, allo stabilimento chimico di Campofranco, dove la Kainite era trasformata nel prodotto finito di Solfato di Potassio.
Il processo produttivo effettuato nella miniera di Bosco consisteva in una fase di arricchimento con la separazione della kainite dal cloruro di sodio, che costituiva lo “sterile”, in parte depositato nell’ammasso che si intende rimuovere.
Nel 1972 l’Ente minerario siciliano e l’Eni acquistarono la maggioranza della società e costituirono una nuova società ISPEA (Industria sali potassici e affini).
Nel 1989 cessa la produzione e l’I.S.P.E.A. S.p.A. insieme all’E.M.S. (Ente Minerario Siciliano), vengono incaricati per gli adempimenti connessi all’attuazione della legge Regionale n. 34/88 che prevede, fra l’altro, che lo stesso E.M.S. «deve provvedere in regime di sicurezza alla chiusura della stessa».
Nel frattempo fu rilevata la sussistenza di un fenomeno di subsidenza in conseguenza del quale il distretto minerario di Caltanissetta ha più volte invitato la Società ISPEA a curare ogni adempimento per lo studio del fenomeno. Al riguardo il Sindaco del Comune di San Cataldo ha emesso Ordinanze Sindacali n. 81 del 23/07/1986 e n. 85 del 07/08/1986 con le quali è stato disposto l’allontanamento immediato di tutto il personale dipendente, lo sgombero del villaggio residenziale ed è stato interdetto l’accesso alle zone di superficie sovrastanti le lavorazioni in sotterraneo e, contestualmente, ordinato il transennamento dei luoghi.
Al fine di trovare la soluzione ottimale per bloccare il fenomeno di subsidenza sono stati effettuati studi e controlli da parte della Geoanalysis di Torino su incarico dall’I.S.P.E.A.
L’I.S.P.E.A., committente dei lavori di consulenza, non ha eseguito i lavori, conseguenti allo studio, per mancanza dei finanziamenti occorrenti. A seguito dell’emanazione della L.R. n. 34/88 che aveva affidato all’EMS l’incarico di chiusura dei sotterranei di Bosco San Cataldo e Palo, il problema anche se con notevolissimo ritardo, pareva avviarsi a soluzione e da completarsi entro il 1992.
Dal confronto con i rilevi effettuati nel corso degli anni si evidenzia che il fenomeno è ancora in atto e che lo stesso necessitava di controlli nel tempo al fine di seguirne l’evoluzione
A seguito di diffide contestuali nei confronti della Società I.S.P.E.A. da parte dell’Assessorato Regionale Industria e dell’Ispettorato Tecnico, il Comune di San Cataldo ha ordinato di effettuare gli interventi già programmati con le Ordinanze Sindacali n. 81/1986 e n. 85/1986, «con particolare riguardo all’attivazione di tutte le opere necessarie a tutelare la pubblica e privata incolumità a salvaguardia dell’ambiente a causa del totale stato di incuria ed abbandono del sito minerario di Bosco».
Secondo il PAI (piano di assetto idrogeologico) della Sicilia, di converso, così come pubblicato in obbligo di legge dall’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, tutta l’area, viene individuata come «sito di attenzione» ed il sito specifico dell’ammasso salino che si vuole rimuovere, viene individuato con il livello di pericolosità molto elevato («P4»), mentre l’area, ove insistono gli insediamenti infrastrutturali di miniera abbandonati, con il livello di rischio molto elevato («R4»). Ciò a testimonianza della pericolosità ipotizzata di tutta l’area.
Per operare sul sito di miniera occorre in un qualche modo superare le eventuali «insidie» prospettate sia con i fenomeni isostatici (sprofondamenti) che dalla prospettata classificazione di pericolosità e rischio riconosciuta dal PAI.
Il progetto della General Mining Research Italy S.r.l. è ambizioso perché avrebbe sicuramente due obiettivi: il risanamento dell’area ed il recupero del materiale economicamente utilizzabile.
Il progetto, secondo i decreti e le comunicazioni della Regione, ha superato tutti i livelli di valutazione di compatibilità ambientale e, si ha ragione di credere, anche quelle relative al superamento delle condizioni di pericolosità nell’ipotesi di utilizzo per le sole lavorazioni da effettuare e non certamente per accessi di tipo pubblico. Tale condizione di studio progettuale potrebbe far superare anche le motivazioni di interdizione totale derivanti dalle ordinanze sindacali del 1986.
Si potrebbe anche ipotizzare che i fenomeni isostatici possano, in un qualche modo, avere trovato equilibrio in un tempo di assestamento generalizzato. Ciò può essere determinato da uno studio appropriato!
Un progetto che, secondo fonti derivate dagli atti pubblicati sul sito della Regione, da documenti ufficiali e, non ultimo, anche da parte dei media, dovrebbe portare a nuove prospettive di utilizzo compresa la creazione di posti di lavoro. Non solo su questa iniziativa della miniera Bosco, ma anche per altre, come le concessioni minerarie affidate alla stessa G.M.R.I. dalla Regione per la apertura/riapertura delle miniere Milena e Rainieri.
Il tempo scorre… e viene, però, spontanea la domanda: a quando i lavori sia di questo recupero che della riapertura/riuso delle miniere?
Salvatore Maria Saia

Area della miniera secondo il PAI, in rosso il rischio R 4 e in grigio scuro pericolosità P 4


