Via Redentore, le istituzioni e il paradosso delle responsabilità

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Il 10 gennaio l’Ufficio Stampa del Comune ha diramato un comunicato che faceva il punto della situazione degli edifici evacuati in dicembre in via Redentore e vicolo Scilla, portando 14 famiglie e 42 persone a dover abbandonare le proprie abitazioni e trovare ospitalità presso parenti, o, in alcuni casi, in B&B a cura del Comune.

Ad un mese dall’evento la riunione tecnica promossa dal Comune non ha sostanzialmente espresso conclusioni chiare sia sulle cause dell’evento che ha portato all’evacuazione degli edifici, sia sull’esito dell’applicazione dei primi fessurimetri, collocati negli edifici dal 18 dicembre 2024 al 7 gennaio 2025.

Si è comunicato invece che, citiamo testualmente, “il Comune di Caltanissetta si è impegnato ad effettuare nella zona interessata un monitoraggio attivo tramite fessurimetri elettronici con comunicazione wifi al fine di conoscere in tempo reale gli eventuali spostamenti. L’area d’azione è compresa tra corso Umberto 14, via Redentore 20-39, vicolo Scilla 29, via Redentore 179 e via San Giovanni Bosco 65”.

Ma subito dopo si comunica che “Ai sensi del capitolo 8.3 delle norme tecniche di costruzione, inoltre, i proprietari dovranno procedere alla verifica delle condizioni di sicurezza degli immobili per accertare l’effettiva agibilità degli stessi”.

In pratica le famiglie che hanno subito il danno non per propria responsabilità o incuria, ma per eventi legati allo stato del suolo della zona, in cui anche in passato si sono verificati problemi analoghi, dovrebbero sostenere le spese per la verifica delle condizioni di sicurezza ed accertare l’agibilità degli immobili che sono stati costretti a lasciare.

Abbiamo verificato la normativa citata, ma nel capitolo 8.3 che i tecnici hanno indicato e che riguarda la “Valutazione di sicurezza degli immobili”, non si fa cenno in nessun luogo al dovere di provvedere da parte dei proprietari, che peraltro subirebbero così un doppio danno, quantificabile certamente in diverse migliaia di euro, dovendo affrontare la spesa di perizie, rilievi, sondaggi, relazioni tecnico-specialistiche e quant’altro, per potere sperare di ritornare a casa propria.

In questo modo le istituzioni si liberano di ogni responsabilità e le famiglie corrono il rischio serio di non potere mai più rientrare nelle loro case.

Nel frattempo il Comune sta sostenendo spese rilevanti per l’ospitalità delle famiglie evacuate, spese che si presume non possano protrarsi all’infinito nel tempo. Famiglie che stanno vivendo disagi pesantissimi e che hanno dichiarato, come risulta da una nostra inchiesta, di non avere la possibilità economica di provvedere eventualmente alle spese necessarie alla Valutazione di sicurezza degli immobili.

Ma perché, ci chiediamo, non si è parlato di “calamità naturale” rispetto ai movimenti del suolo che hanno provocato i danni nelle abitazioni? Perché non si chiede alla Regione di proclamare lo stato di calamità naturale e finanziare, come la legge prevede, con fondi della Protezione Civile, gli interventi necessari per accelerare gli accertamenti, provvedere a quanto necessario per stabilizzare gli edifici e permettere alle famiglie di ritornare prima possibile nelle loro abitazioni?

O, in seconda battuta, perché non si valuta la possibilità che sia il Comune a sostenere le spese per la Valutazione di sicurezza degli immobili, abbreviando così i tempi del rientro e risparmiando quindi notevolmente sulle spese di alloggio delle famiglie che sta sostenendo già sine die?

Una questione drammatica come quella di 14 famiglie rimaste senza casa, una casa spesso acquisita e ristrutturata con grandi sacrifici, non si può affrontare da parte delle Istituzioni né con una visione meramente burocratica né con la preoccupazione di assumere meno responsabilità possibili.

Naturalmente nel rispetto di tutte le normative, ma sapendo utilizzarle prima di tutto a vantaggio dei cittadini che hanno subito un danno, e non come schermo per proteggersi da eventuali responsabilità, economiche e progettuali.

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