Era stato il suo ultimo anno di scuola. Ne aveva accumulata di esperienza lavorativa: sapeva cosa era la scuola, sapeva degli altri, dei suoi colleghi, dei suoi alunni, dei genitori e dei dirigenti scolastici. I ricordi si affollavano ed erano tantissimi. Avrebbe dovuto riempire pagine e pagine di racconti, di narrazioni delpassato, di un passato che non esisteva più.
Adesso, svaniva tutto nel tempo dissipato della Storia. Aveva fatto la sua ricostruzione della carriera scolastica ma non ricordava più le carte. Aveva fatto tanti progetti sulla legalità e aveva scritto tanti articoli per la sua scuola. Tutto svaniva! Come la polvere che va via, non ricordava più nulla.
Il tempo inganno aveva cessato di esistere. Transito di illusioni e di vane speranze. Anche i social svanivano e svaniva You Tube, svanivano i giornali e Facebook con i suoi articoli, con le sue belle frasi, i suoi bei discorsi scritti. Carte perse e carte dimenticate per un tempo inesorabile che evapora e cade nel dimenticatoio della Storia azzerata!
Tanto sudore sopportato e tanta fatica che si era dileguata, tra giorni e notti, nel volgere delle passioni quotidiane.
Era stato un grande e grosso professore. Si era fatto amare, volere bene, circondato dall’affetto dei suoi alunni. Forse, anche qualche collega e qualche genitore gli volevano del bene. Non è dato da sapere. Cosa è una scuola senza affetto?
Una serie di carte burocratiche, di numeri anonimi, di volti senza identità, di racconti smemorati. Una serie di non ricordo, un gelo senza emozioni!
Si, l’amore rimaneva di quella vicenda terrestre. Adesso lui non c’era più! Era andato via, ritornato nella sua terra natia, in quel luogo che amava e che non aveva conosciuto come avrebbe voluto, desiderato. Gli era rimasto dentro l’odore della sua terra, con il piede poggiato sul suolo dell’aeroporto Charles De Gaulle, franco tra i franchi, parigino con la sua baguette sotto il braccio e le saucisson e le camembert da mettere nel pane e da desinare nell’ora fuggita della memoria.
Ci avrebbe pensato ad ogni passo ragionato sul suolo parigino. Un passo estatico, sospeso, di vera libertà in quella terra amata. A la Nation, a la Nation, au douzième arrondisement.
Amava la Sicilia per il suo sole, amava la sua terra e amava ciò che di buono in essa trovava. Anche i soli sono nudi e vivono di propria luce non riflessa. E ricordava i tanti sguardi luminosi dei suoi ragazzi, lo splendore dell’età acerba, i sorrisi sospesi e poetici dei suoi alunni, come in una fiaba senza tempo, eterna e perfetta, dove si rimane giovani per sempre.
Adesso, il tempo si era fermato in quegli istanti di lezione privi di futuro. Beatitudine eterna. Hallelujah, Hallelujah. Con Leonard Cohen.
“Già, ti sono grata vita, per tutti i giorni trascorsi con loro, tra bene e male, dolori e speranze: i miei giovani discepoli, i miei affetti senza tempo. Anche quando andrò via e non ci sarò più”.
Con i ricordi nel cuore. Un atto d’amore per la mia scuola vissuta.
E quella preghiera laica, quella canzone “Hallelujah, Hallelujah”, lo tirava su dopo che era andato via perché arriva sempre il tempo del congedo, un tempo diverso, un tempo cambiato, un tempo che non si conosce.
A mani giunte, come da bambino, si piegava per pregare il suo mistero di fede, quello che non capiva: Hallelujah, Hallelujah!
Tonino Calà
