Molti anni fa, ad una riunione politica, incontrando alcuni giovani di sinistra e parlando con loro di nazifascismo, citavo degli studi clinici, fatti da diversi esperti in tutto il mondo, che avevano esaminato gli aspetti patologici dell’ideologia nazifascista, un’ideologia mortifera e di morte. Il grande filosofo e psicoanalista Erich Fromm, ebreo tedesco, l’avrebbe definita “necrofilia”, ideologia amante della morte, con la passione per la morte.
La lettura necrofila del nazifascismo era confermata da tutti i rituali e le simbologie arcaiche e barbariche che configuravano, antropologicamente e storicamente, il pensiero politico della destra nera. Senza dubbio, il nazifascismo non è e non può essere un’ideologia moderata e non può essere democratica, come affermava l’emerito Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Perché? La personalità nazifascista coltiva l’odio e la distruzione dell’avversario politico, che vede e percepisce come “nemico” e non come l’antagonista con il quale confrontarsi. In fondo, chi è fascista o ha simpatie per il fascismo – sistema politico chiuso, gerarchico e sterile – è un soggetto fragile e insicuro che si rifugia nel partito totalitario per riceverne protezione e rassicurazione.
Manca al fascista la consapevolezza della libertà, catturato come è dalla pulsione appropriativa e distruttiva che lo abita, con l’emergere di atteggiamenti e comportamenti sadomasochistici. Come abbiamo potuto vedere nello scandaloso e stomachevole film di Pier Paolo Pasolini “Salò o le 120 giornate di Sodoma”. Che invito tutti a vedere per la sua forza icastica segnata dal lutto ideologico.
Al fascista piace la prepotenza e la violenza agita nei confronti dei deboli e degli indifesi, non importa se ebrei, omosessuali, disabili, rom o di altre etnie. Il fascista è oscurato dalla sua pulsione di morte che crede sia un suo desiderio e dovere politico per la salvaguardia della razza ariana o italica, discriminando qualsiasi diverso e diversità, coazione a ripetere di suo pregiudizio consolidato.
Aspetto delirante del suo comportamento persecutorio è la spinta distruttiva e autodistruttiva che gli fa bramare il controllo di tutti e di tutto, con l’asservimento degli altri al suo volere e potere.
Dissi a quei giovani di sinistra che parlavano di dura lotta politica contro i fascisti, tale da abbattere l’avversario politico, che non ero d’accordo sul conflitto e l’eliminazione dell’avversario politico perché ero democratico e non volevo essere come i fascisti, anche se capivo la loro intenzionalità politica a difesa dei valori costituzionali.
Mi è capitato di confrontarmi tante volte con gli eredi del MSI di Giorgio Almirante e non mi sembravano così pericolosi. Non erano certo gli estremisti di destra di CasaPound, di Forza Nuova o di altri gruppi di estrema destra. Non era il giovanissimo compagno di scuola del Fronte della Gioventù che con sé portava a scuola la catena del suo motorino Ciao o il tirapugni di ferro per fare male agli “sporchi comunisti!”. Lo stesso discorso critico e di rifiuto politico valeva per me, dall’altra parte, con i gruppi facinorosi di estrema sinistra.
Chiaramente, diversa era la cultura politica che ci animava. Non erano più i fascisti violenti e oppressivi della dittatura mussoliniana. Anni fa la svolta di Fiuggi e la nascita di Alleanza Nazionale del “discontinuo” Gianfranco Fini. Ripetutamente, mi ero confrontato con i locali dirigenti di AN, democratici consapevoli della nuova organizzazione politica della destra politica e istituzionale.
Eredi dei post fascisti che avevano elaborato il lutto di un passato politico sbagliato, illiberale e antidemocratico.
Ci chiediamo: e quelli di oggi, sono eredi di chi?
Tonino Calà

