dall’Ufficio Stampa di Francesco Guadagnuolo riceviamo e pubblichiamo:
Francesco Guadagnuolo vive un profondo senso di perdita, di lutto e di vuoto dopo la caduta dell’Antenna RAI. Per l’artista non era solo un’infrastruttura tecnica ma un simbolo pulsante di storia e comunicazione, l’Antenna RAI rappresentava un legame concreto con le radici di Caltanissetta, ora reciso per sempre.
Possiamo forse dire – sentendolo parlare – che tra le dita febbrili di Guadagnuolo, l’Antenna
RAI non è mai caduta davvero: rivive nel tremito delle pennellate, in quel dolore che punge la tela
come spillo d’acciaio.
Ogni frammento di lamiera incastonato tra colori lividi è un cuore spezzato, un palpito rimasto sospeso nell’aria dopo il boato del crollo. Ecco la sua altezza tradita, ricostruita in riflessi d’argento e ombre cremisi, come un fantasma che non vuole lasciare la valle di Caltanissetta.
Spiraglio di speranza: la convinzione che l’arte possa raccogliere i cocci di quella storia e restituirla alle generazioni future.
Ogni quadro di “L’Antenna Spezzata” è un’elegia visiva che trattiene l’istante del crollo, ne cattura la tensione estrema tra la verticalità dell’acciaio e la fragilità del ricordo. Nei tagli di luce, nell’ombra che si allunga sotto un cielo crepuscolare, rivivono le lunghe onde radio che un tempo sfioravano le case, i campi, i cuori di Caltanissetta.
Guadagnuolo non dipinge soltanto un monumento ormai assente: incide sul metallo diagrammi di modulazione, curve di Fourier che raccontano la danza invisibile delle frequenze. Chi guarda impara a «leggere» la fisica come si legge un poema, percepisce il respiro delle trasmissioni poi interrotte, il brusio delle voci che attraversavano il colle Sant’Anna.
È un lamento che si propaga nel vuoto, un canto rotto fatto di onde radio e memorie d’infanzia, di antenne sussurranti che attraversavano notti senza stelle. Chi si avvicina sente il sussurro di quella Torre RAI – un sussurro che diventa grido nel silenzio dell’etere.
Nel rito collettivo del giorno fatale, fasci di luce avevano tracciato l’altezza perduta sul cielo in lutto, mentre voci registrate e ronzio d’impulsi elettrici annunciavano l’ultimo saluto.
Guadagnuolo ha trasformato quel dolore in un atto sacro: la demolizione non è stata una fine, ma un funerale di luce al quale ha invitato ogni cittadino, ogni bambino cresciuto nell’ombra di quegli anelli di ferro.
Così, nell’ardore delle sue opere, l’Antenna RAI continua a vivere come un Gigante Immobile: erede del respiro dell’artista e delle lacrime di tutti. In questo eterno crepuscolo, la memoria non si arrende, ma si fa reliquia di bellezza straziante, promessa di un domani che saprà ancora ascoltare il battito delle onde.
Globalmente, il vero sbaglio sarebbe stato consentire che quel simbolo scomparisse nell’oblio, senza un’opera né un racconto capaci di perpetuarne il significato.
Oggi grazie a pitture, sculture e installazioni documentate in cataloghi e video-documentari, l’intervento di Guadagnuolo diventa un punto di riferimento nel dialogo tra arte e tecnologia. Le sue opere garantiscono che l’Antenna RAI non sia solo un ricordo distrutto, ma un patrimonio estetico e scientifico capace di ispirare ancora.
Quel che sembrava perduto è diventato patrimonio: un’icona contemporanea che parla di estetica e scienza, custodita nelle opere di Guadagnuolo, destinata a infiammare lo stupore delle generazioni future.