Gesti autentici d’amore. La genitorialità senza narciso

Tonino Cala
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Si fa tanto parlare di genitorialità inadeguata e non all’altezza del compito educativo che il padre e la madre dovrebbero svolgere. Ai figli si dà tutto: i doni materiali, i regali dell’ultimo iPhone o della automobilina o degli abiti alla moda e non si dà l’affetto, il composto ricamo e la composizione floreale dei sentimenti umani di donazione gratuita, senza vincoli né condizionamenti affettivi, amore di sé per la prole.

In ogni caso, i figli non si hanno, non si possiedono, e come dice la psicoanalisi e il poeta Gibran Khalil Gibran, quando crescono devono andare via, devono volare anche lontano dai genitori. È la legge della vita che lo vuole.

È noto lo schema psicogenetico del “narcisismo parentale” (prolungamento dell’ego genitoriale), penso al pedagogista Jean Piaget e altri, forse innato o anche dovuto al condizionamento ambientale, ovvero la proiezione manipolatoria dei desideri da parte dei genitori sui propri figli. Il genitore pensa dentro di sé e non ne è consapevole: ciò che non ho avuto da figlio (meccanismo di compensazione affettiva), e non ho potuto realizzare, sarà mio figlio a farlo diventare realtà concreta, i miei desideri insoddisfatti e non raggiunti, grazie a mio figlio, diventeranno atti compiuti per il mio godimento e per la mia soddisfazione genitoriale. I figli capiranno?

Tutti conoscono per esperienza tale meccanismo psicologico, la dinamica affettiva della dialettica genitori-figli. E nel narcisismo parentale il genitore proietta anche la propria “onnipotenza impotente”, pensando di potere desiderare qualsiasi cosa per sé e per il figlio.

Quante volte abbiamo sentito lamentare: “quel genitore è un egoista che non vuole il bene del figlio o della figlia”. L’affetto genitoriale diventa sincero atto d’amore senza l’avere e il possesso del figlio, desiderando il bene di questo per quello che è e senza volerlo modificare. Facile a dirsi e difficile a praticarsi. I figli si amano per quello che sono e quando si desidera che vivano la loro esistenza libera e indipendente!

Qualsiasi gesto d’amore desidera la libertà e l’autonomo desiderio dell’altro. Anche tra i coniugi o tra gli amici, si desidera il bene dell’altro senza fare forzature, rispettando il suo bene. Questo è il vero amore.

Non è facile essere e fare i genitori sapendo che il figlio o la figlia è altro da me, non riconoscendo alcuna sua somiglianza o tratto identitario che fa dire agli altri e a sé stessi: “è tutto suo padre o è tutta sua madre!”. Non è così.

Il figlio eredita dai genitori il patrimonio genetico ma è un essere vivente singolare, unico e autonomo rispetto agli stessi genitori, perché nessuno è mai identico e uguale all’altro, come anche nel caso dei gemelli omozigoti.

Penso a Umberto Galimberti che per provocazione afferma che nella comunicazione esiste un uso errato del “mio”, aggettivo possessivo, in tutte quelle espressioni manifeste che parlano delle relazioni tra coniugi, genitori e figli, tra amici o altri.

Allora tutti figli biologici o adottivi, figli di un dio capriccioso che li manda, figli per caso e indesiderati o figli amati per quello che sono? Essere amati e non altro. Ci piace!

Tonino Calà

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