Le Vie dei Tesori hanno riportato in luce in questi giorni il Museo di San Michele, piccolo ma prezioso spazio religioso, artistico ed etno-antropologico. In realtà, il museo era già stato inaugurato lo scorso dicembre, ma la rassegna lo ha riaperto e rilanciato come una delle tappe più emozionanti del percorso dedicato alla riscoperta della città.
Raffaele Corso scriveva che «l’oggetto può ben raccontarci la storia assai meglio di molte pagine scritte». E in effetti, varcando la soglia di questo museo, si ha la sensazione di entrare in una narrazione viva: un viaggio nella devozione del popolo nisseno verso il suo patrono, San Michele Arcangelo, ma anche nella storia e nelle tradizioni di una città che non smette di raccontarsi.
Oggi lo spazio, ricavato ai piedi e a ridosso del campanile di sinistra della Cattedrale, proprio sotto la campana di San Michele che suona solo tre volte l’anno, accoglie il visitatore in un percorso ascensionale.
Nella prima sala, moderna e luminosa, sono esposte opere contemporanee dedicate all’Arcangelo. Salendo al piano superiore, il visitatore entra in uno scrigno di fede e di memoria: qui trovano posto graduali – i libri dei canti liturgici –, quadri, statue, calici, ostensori, pianete e casule antichissime, testimonianze di secoli di devozione. E tra questi oggetti, dal valore semplice ma profondo, spiccano le forbici, utilizzate un tempo per tagliare i capelli ai consacrati: un dettaglio che racconta, meglio di molte parole, la quotidianità del sacro.
Tra i pezzi più significativi, la statua di San Michele della scuola di Ortisei, che per anni aveva troneggiato nella sede della Banca di Credito Cooperativo, e i pannelli e le statue del “carro di San Michele”. Era il 1991 quando l’allora vescovo Alfredo Maria Garsia, per evitare disordini durante la festa, decise di far sfilare l’Arcangelo su un carro anziché sulle spalle dei fedeli. Un esperimento durato solo un anno, ma rimasto nella memoria di molti: quattro angeli ai lati — con turibolo, ancora, libro e calice — e pannelli che raccontavano il miracolo di Caltanissetta, l’Apocalisse, la Gerusalemme celeste e le figure di Gabriele e Raffaele. Oggi quei frammenti, “smontati” dalla macchina processionale, rivivono nel museo come testimonianza di una storia collettiva.
Il museo, nato senza l’aiuto di fondi pubblici ma grazie alla generosità di cittadini, enti e volontari, rappresenta un esempio concreto di come la fede possa trasformarsi in un progetto culturale condiviso. Tra vetrine, fotografie, immaginette e piccoli abiti votivi, si respira la continuità di una devozione che unisce passato e presente.
L’idea di dare vita a un “tesoro” della Cattedrale di Santa Maria La Nova è maturata dalla visione del parroco, mons. Gaetano Canalella, che ha voluto offrire alla chiesa uno spazio capace di accogliere opere, arredi e oggetti sacri in grado di raccontare, da soli, la fede di un intero popolo.
Tutto ebbe inizio da un gesto del tutto casuale: una vecchia tela di San Michele, rovinata e quasi irriconoscibile, donata da Nicola Speciale, devoto appartenente alla Sacra Lega di San Michele. Da quell’immagine nacque l’idea. E passo dopo passo, con pazienza, donazioni e il lavoro instancabile di un piccolo gruppo di volontari, prese forma il museo.
Un luogo che parla di arte, spiritualità e memoria, ma anche di comunità e partecipazione.
Perché la memoria – come ricorda questo ambiente silenzioso e pieno di storie – è ciò che custodisce l’identità di un popolo.
E così, più che un museo, quello di San Michele si presenta come un luogo d’incontro e di dialogo, dove la fede e la storia continuano a intrecciarsi sotto lo sguardo dell’Arcangelo che, da secoli, veglia su Caltanissetta.






