L’inaugurazione del Parco Urbano e la sua intitolazione al nisseno Rosario Assunto filosofo di fama internazionale dell’estetica del paesaggio, è senz’altro una buona notizia, che induce a qualche considerazione, speriamo utile.
Un’estensione di suolo urbano di 9 ettari sottratta alla speculazione edilizia è una opportunità di rigenerazione urbanistica rilevante, e non soltanto sul piano quantitativo, facendo salire gli indicatori di verde pubblico attrezzato per le classifiche sulla qualità della vita-
È più importante l’occasione di rendere disponibili spazi comuni per la socialità quotidiana, puntando sul rapporto con l’ambiente naturale per riscoprire la città sotto una luce diversa, liberati dall’esclusività ossessiva delle case condominiali o unifamiliari, vissute come recinto di protezione o di status dentro il quale circoscrivere le nostre reti di relazioni.
Anche la nostra città è stata pensata e costruita per “contenitori”, scatole chiuse monofunzionali che hanno regolato l’ordine della nostra vita. Un progetto del dipartimento urbanistica del Politecnico di Milano, elaborato a questo proposito dopo la reclusione forzata della pandemia, si intitola significativamente “Fuori dalle scatole!”
Nel parco urbano percorsi pedonali, piste e spazi per la pratica sportiva non competitiva, aree attrezzate per la convivialità all’aperto, spazi per l’intrattenimento musicale, teatrale e coreutico, zone ludiche dedicate soprattutto ai bambini, ambienti di meditazione, possono trasformare i nostri stili di vita, così come laboratori e osservatori botanici di essenze mediterranee o gli orti sociali, già sperimentati positivamente in piccoli lotti in altri quartieri.
Tutto questo processo, se si vuole realmente incidere sulla qualità della nostra sociabilità, richiede una nuova capacità progettuale, molto diversa dalle metodologie tecniche usate tradizionalmente dagli enti pubblici.
Perché un parco urbano di quasi 100.000 mq, sul crinale che finora ha separato gli spazi abitativi della città nuova (Balate e S. Luca) può essere in grado di ricucire, di ritessere e integrare le dinamiche sociali, ma può farlo nella misura in cui si riesce a coinvolgere la società civile in modo inedito, chiamando a pensare e co-progettare in progress le diverse articolazioni funzionali del Parco, non solo tutte le professionalità (architetti, ingegneri, agronomi, geologi, sociologi, medici, biologi, operatori sportivi) ma anche tutte le associazioni, i comitati di quartiere, che possono comporre insieme, con le loro proposte, un mosaico ricco di vita, autenticamente partecipato, anche nella gestione e quindi nella cura di tante porzioni di spazio comune.
Il metodo può essere quello sperimentato ormai dai decenni dai Social Forum, in Italia e all’estero.
Potrebbe essere la prima sperimentazione utile a Caltanissetta di Bilancio partecipativo e democrazia deliberativa, che non è certamente la gara al televoto per finanziare con poche migliaia di euro piccoli progetti separati l’uno dall’altro, come da qualche anno si usa fare, pensando di mettere in pratica il bilancio partecipato.
Il Bilancio partecipato è ben altra cosa, chiama in causa cittadini e associazioni sulla visione generale del progetto di spesa pubblica urbana, sui cardini tematici del bilancio complessivo dell’ente locale, sull’articolazione di spesa dei diversi settori, facendo uscire le dinamiche partecipative dall’individualismo o dal campanilismo associativo, ma promuovendo la capacità di fare scelte complessive, discutendo nel merito, da diversi punti di vista, valorizzando la ricchezza delle differenze.
Questo metodo valorizzerebbe, non limiterebbe, le competenze dell’ufficio tecnico comunale, che sarebbe chiamato a costruire soluzioni sostenibili a progetti dalla genesi complessa ma autenticamente democratica.
Forse così facendo i tempi che sono necessari a realizzare le opere pubbliche non sarebbero più scanditi dalla burocrazia e dai suoi limiti, inevitabili, ma dalla partecipazione progettuale, gratuita, divergente, creativa, da coordinare e rendere compatibili con le risorse economiche, finalmente “bene comune”, campo di appartenenza, segno di identità cittadina, non solo nella fruizione, ma dall’idea alla gestione fino alla manutenzione.
Il Parco urbano è nato come idea progettuale e strumento urbanistico con l’amministrazione del sindaco Messana.
Sono passati oltre 15 anni per iniziare a vedere dei segni di realizzazione.
Qualche domanda sull’efficacia delle procedure consolidate e sull’autoreferenzialità della burocrazia tecnocratica sarebbe utile porsela.
Con spirito costruttivo.