Ci sarà il Presidente della Regione al Consiglio Comunale aperto sull’emergenza idrica? Il senatore Renato Schifani stato invitato/convocato dalla Presidenza del Consiglio o dal Sindaco?
Discutere dell’emergenza acqua senza l’interlocutore responsabile principale potrebbe ridursi ad un esercizio retorico, più o meno “muscolare” e/o demagogico, o ad un campionario di ovvietà, analisi già scontate dei connotati del problema, senza concludere con impegni concreti, con cronoprogrammi definiti sui passi da compiere, senza indicazioni di investimenti corposi, senza i quali ci si può limitare soltanto a discutere, accademicamente.
Il Presidente della Regione nomina 3 dei 5 componenti del Consiglio di Amministrazione di Siciliacque, la società che da vent’anni ha il compito di gestire le reti idriche di sovrambito, cioè consegnare l’acqua potabile fino alle porte dei centri abitati per la distribuzione: in Sicilia si perde il 52% dell’acqua attraverso queste condutture-colabrodo, di cui quotidianamente ci comunicano le interruzioni, le rotture, come un bollettino di guerra. Sarebbe doverosa la presenza in Consiglio Comunale del Presidente di Siciliacque, Salvatore Castrovinci.
Ma Siciliacque gestisce soprattutto 13 sistemi idrici interconnessi (tra i quali Ancipa, Blufi, Madonie est e Fanaco che forniscono Caltanissetta), 6 dighe, 5 impianti di potabilizzazione, 44 pozzi e 27 sorgenti, 55 centrali di sollevamento, 5 centrali idroelettriche e 2 impianti fotovoltaici, e ha tra i suoi compiti la ricerca di nuove fonti di approvvigionamento e gli investimenti in infrastrutture necessarie.
Sarebbe logico quindi che il Presidente della Regione, di fronte ad una emergenza senza precedenti, venisse ad esporre al Consiglio comunale della città più disastrata d’Italia quali indicazioni il suo Governo ha dato o intende dare a Siciliacque, quali provvedimenti straordinari e cogenti, visto che già da febbraio ha proclamato lo stato di emergenza in Sicilia, ma la situazione non è migliorata, con risvolti drammatici non solo per le popolazioni, costrette ad una condizione umiliante di negazione dei diritti fondamentali, tra cui quello alla salute, ma anche per l’economia, con le campagne al collasso e gli allevamenti a rischio di dover abbattere gli animali.
Peraltro, il Presidente della Regione è anche il responsabile dell’ordine pubblico in Sicilia, e una condizione come quella che stiamo vivendo potrebbe degenerare imprevedibilmente, lacerando ulteriormente quel rapporto tra istituzioni e società che già si è manifestato in tutto il suo logoramento con un astensionismo elettorale che ha superato la metà dei cittadini.
Uno degli argomenti preferiti della campagna elettorale appena trascorsa è stato quello dell’omogeneità politica tra governo cittadino, regionale e nazionale, che sarebbe stata garanzia di una nuova attenzione proficua verso il nostro territorio, estrema periferia dell’occidente europeo, che avrebbe finalmente toccato con mano l’efficienza e l’efficacia del nuovo corso di centro-destra in Sicilia e in Italia. C’è persino un ministro siciliano alla Protezione Civile nel Governo Meloni, ma non si è distinto particolarmente sull’emergenza della sete.
Nella primavera infuocata del 1996, quando in città esplodeva un’emergenza idrica quasi paragonabile a quella attuale, il Presidente della Regione del tempo, Matteo Graziano, venne in Consiglio comunale insieme a tutti i deputati della provincia ad affrontare una discussione senza sconti e ad impegnare il governo regionale su alcuni punti decisivi per affrontare l’emergenza.
Non gli portò molto bene, perché dopo pochi mesi il suo Governo cadde. Forse per questo l’invito al Presidente Renato Schifani non si sa se sia ancora partito?