E’ tornata in diocesi la delegazione che ha partecipato alla prima Assemblea Sinodale delle Chiese d’Italia, conclusa domenica scorsa dal cardinale Matteo Zuppi: Lia e Luigi Bellomo, direttori dell’Ufficio di Pastorale Familiare, padre Rino Dello Spedale Alongi, assistente spirituale dell’Ufficio e mons. Onofrio Castelli, nella doppia veste di Vicario generale della Diocesi e di referente regionale per il Sinodo.
Hanno partecipato alla fase profetica del Sinodo, che sta mettendo in pratica un metodo nuovo di osservazione delle trasformazioni della società e della Chiesa in essa, partendo dal basso, dalle domande che dalla società provengono, dalla lettura dei “segni dei tempi”.
Il metodo sinodale ha messo allo stesso tavolo laici e religiosi, in ascolto reciproco, rappresentanti di diocesi diverse con una esperienza di fede diversa, ma con una cosa in comune: il rispetto verso l’altro e le differenze di cui è portatore e la ricerca paziente e appassionata di ciò che accomuna e non di ciò che divide.
I delegati laici questa volta sono stati maggioranza: 500 laici rispetto a 400 tra vescovi e sacerdoti, e tra i laici le donne sono state 274 rispetto ai 210 uomini. Quasi una rivoluzione.
“E’ stato un tempo di ascolto docile e di dialogo aperto-ha ricordato padre Rino Dello Spedale Alongi-ci siano ritrovati intorno a dei tavoli, pur se da sconosciuti, non da estranei ma da fratelli e sorelle in cammino, attorno alla tomba di S. Paolo, che ci ricorda che anche se in molti siamo un solo corpo, perché insieme noi mangiamo un solo Pane”.
“Come non mai questa volta i laici sono stati chiamati a prendere decisioni importanti sul futuro della chiesa – dichiara Luigi Bellomo – alla luce di quella corresponsabilità invocata nel Concilio Vaticano II e mai realizzata del tutto. La presenza di circa 500 laici/laiche al sinodo contro 400 tra vescovi e sacerdoti la dice lunga. Noi delegati diocesani siamo consapevoli dell’importanza del ruolo e del servizio che stiamo rendendo alla chiesa”.
Il riferimento al Concilio è stato evidente a partire dal luogo scelto per riunire l’Assemblea Sinodale: San Paolo fuori le mura, a Roma, dove il 25 gennaio 1959 S. Giovanni XXIII annunciò la convocazione del Concilio Vaticano II, la basilica in cui sono raffigurati 266 medaglioni che ritraggono i pontefici, testimoni della storia bimillenaria della Chiesa nel mondo.
Il punto di partenza dei lavori dell’Assemblea è stata la presa coscienza della crisi (chiese vuote, sempre meno adesione ai sacramenti) e della difficoltà di relazionarsi con la società (l’essere minoranza cambia la prospettiva), e il punto cardine di tutto è diventato quindi coniugare la profezia con la cultura e la realtà, interrogandosi su come in questo contesto storico la chiesa può fare cultura e proporsi come modello. Dalla realtà contemporanea due emergenze di fragilità sono emerse come prioritarie: l’attenzione ai poveri e alle vittime degli abusi, con una seduta di “Testimonianze e buone pratiche” relative a queste esperienze.
Lia e Luigi Bellomo raccontano come si sono svolti i lavori: “Siamo nella fase profetica del Sinodo, quella che deve tracciare la strada della Chiesa italiana per il futuro. Dopo la fase di ascolto e discernimento dalle sintesi delle diocesi è stato creato un documento detto Lineamenti da cui sono state tratte 17 schede divise in tre sezioni:
- Il rinnovamento missionario della mentalità ecclesiale e della prassi pastorale;
- La formazione missionaria dei battezzati alla fede e alla vita
- La corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità;
Il lavoro che ci è stato chiesto è stato quello di “affinare e rendere più fruibili” queste schede: togliere, aggiungere parti, verificare la formulazione delle domande, in modo che quando queste torneranno alle diocesi e alle parrocchie siamo più chiare e semplici possibili, aggiungendo una parte finale con nuove domande per la riflessione”.
Una elaborazione collettiva senza precedenti, di ampio respiro, una risposta concreta alla crisi della partecipazione di cui si è presa coscienza.
“E’ un momento storico per la Chiesa – conclude Luigi Bellomo – e soprattutto per la Chiesa italiana, che ha deciso di mettersi in discussione prendendo atto del fatto che oramai i laici credenti/praticanti sono una minoranza, per cui il rapporto chiesa società deve essere visto da una prospettiva diversa. Può darsi che fra 20 anni questa data sarà considerata uno spartiacque come il Concilio. E’ il momento in cui la Chiesa deve avere il coraggio del cambiamento e deve “osare” soprattutto nella seconda fase diocesana quando le schede torneranno nel territorio per fase realizzativa”.