È una svolta quella che emerge dalla 50° Settimana Sociale dei Cattolici italiani: a Trieste 1200 delegati da tutta Italia (4 dalla diocesi nissena), più di un congresso nazionale dell’intellighentia cattolica impegnata nella società, apertura del Presidente Sergio Mattarella con il cardinale Zuppi presidente della CEI e conclusioni di Papa Francesco con un appello vigoroso a riscoprire l’impegno civile.
Il tema è stato infatti “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”, un cuore che oggi più che mai ha bisogno dell’impegno dei cuori pensanti di milioni di cristiani consapevoli, responsabili, disponibili ad uscire dalla dimensione individuale per assumere il rischio dell’impegno civile, politico, sapendo che per i cattolici la democrazia non è procedura, né delega, ma sostanza di superamento delle disuguaglianze, amicizia sociale, pace concretizzata nella fatica delle azioni quotidiane di tutti, radicalità nella testimonianza dei valori vissuti costruendo una società-comunità, ricca di legami sociali significativi, rigorosa nel combattere le ingiustizie e i privilegi, esigente nei confronti di chi esercita il potere, a tutti i livelli.
L’impegno è quello di immergersi nella società segnata dalle disuguaglianze e dalla cultura dello scarto, per pensare e costruire soluzioni controtendenza, non più soltanto con la testimonianza individuale o nella forma mista del volontariato, ma abitando a pieno titolo la democrazia, le istituzioni, il dibattito politico e l’impegno civile, facendo vivere l’identità cristiana nella partecipazione consapevole e incisiva.
Rilanciare la presenza attiva del popolo di Dio nelle periferie esistenziali, (percorso più che mai prioritario nel nostro territorio), capace di costruire a partire dalle fragilità, dai punti critici della società, come si è visto nelle 5 “piazze della democrazia” disseminate nella città di Trieste, città-frontiera storica, geopolitica, culturale, del nostro Paese, con decine di stand curati dai laici sulle buone pratiche sui temi cruciali della nostra quotidianità: Democrazia digitale: comunicare e informare ai tempi dell’intelligenza artificiale; Periferie: le città viste dai margini; Istituzioni locali: la democrazia alla prova delle comunità; Carcere: costruire dignità e libertà; Economia civile: un nuovo modello di sviluppo.
L’intervento conclusivo di Papa Francesco ha delineato una svolta irreversibile nella posizione dei cattolici nella società italiana: “E’ evidente che nel mondo di oggi la democrazia non gode di buona salute. Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’uomo, e niente di ciò che è umano può esserci estraneo”.
Molto di più della “Chiesa in uscita” che ha caratterizzato l’impostazione del pontificato di Francesco, che ha sviluppato la sua riflessione partendo proprio dalla metafora del cuore: “Possiamo immaginare la crisi della democrazia come un cuore ferito, un cuore “infartuato” dalle diverse forme di esclusione sociale.
Ogni volta che qualcuno è emarginato, tutto il corpo sociale soffre. La cultura dello scarto disegna una città dove non c’è posto per i poveri, i nascituri, le persone fragili, i malati, i bambini, le donne, i giovani, i vecchi. Questo è la cultura dello scarto.
Il potere diventa autoreferenziale, incapace di ascolto e di servizio alle persone.”
Preoccupato per l’astensionismo dal voto, Papa Francesco ha riformulato la definizione della democrazia secondo la visione cristiana: “Rimangono fecondi i principi di solidarietà e sussidiarietà. Infatti un popolo si tiene insieme per i legami che lo costituiscono, e i legami si rafforzano quando ciascuno è valorizzato. Ogni persona ha un valore; ogni persona è importante. La democrazia richiede sempre il passaggio dal parteggiare al partecipare, dal “fare il tifo” al dialogare”.
L’altra faccia della medaglia è l’indifferenza, definita “il cancro della democrazia” e l’antidoto individuato è la partecipazione “affinché la democrazia assomigli ad un cuore risanato”, perché “Il cuore della politica è partecipare, prendersi cura del tutto, non solo la beneficenza, no: del tutto!”
Ma “il prendersi cura gli uni degli altri richiede il coraggio di pensarsi come popolo. Ci vuole coraggio per pensarsi come popolo e non come io o il mio clan, la mia famiglia, i miei amici. Purtroppo questa categoria, “popolo”, spesso è male interpretata e, potrebbe portare a eliminare la parola stessa “democrazia” (“governo del popolo”). Ciò nonostante, per affermare che la società è di più della mera somma degli individui, è necessario il termine “popolo”», che non è populismo. Una democrazia dal cuore risanato continua a coltivare sogni per il futuro, mette in gioco, chiama al coinvolgimento personale e comunitario. Sognare il futuro. Non avere paura”.
Altrettanto netta la pars construens del discorso del Papa: “Ci spetta il compito di non manipolare la parola democrazia né di deformarla con titoli vuoti di contenuto, capaci di giustificare qualsiasi azione.
La democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e anche dell’ecologia integrale.
Come cattolici, in questo orizzonte, non possiamo accontentarci di una fede marginale, o privata.
Ciò significa non tanto di essere ascoltati, ma soprattutto avere il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico.
Abbiamo qualcosa da dire, ma non per difendere privilegi. No. Dobbiamo essere voce, voce che denuncia e che propone in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce. Tanti, tanti non hanno voce.
Questo è l’amore politico, che non si accontenta di curare gli effetti ma cerca di affrontare le cause.
È una forma di carità che permette alla politica di essere all’altezza delle sue responsabilità e di uscire dalle polarizzazioni, queste polarizzazioni che immiseriscono e non aiutano a capire e affrontare le sfide. A questa carità politica è chiamata tutta la comunità cristiana.
Formiamoci a questo amore, per metterlo in circolo in un mondo che è a corto di passione civile. Dobbiamo riprendere la passione civile.
Sull’esempio di La Pira, non manchi al laicato cattolico italiano questa capacità “organizzare la speranza”. Questo è un compito vostro, di organizzare. Possiamo prevedere luoghi di confronto e di dialogo e favorire sinergie per il bene comune”.
Nella conclusione di Francesco un nuovo paradigma per definire l’impegno politico: “Da discepoli del Risorto, non smettiamo mai di alimentare la fiducia, certi che il tempo è superiore allo spazio. Tante volte pensiamo che il lavoro politico è prendere spazi: no!
È scommettere sul tempo, avviare processi, non prendere luoghi.
Il tempo è superiore allo spazio e non dimentichiamo che avviare processi è più saggio di occupare spazi.
Io mi raccomando che voi, nella vostra vita sociale, abbiate il coraggio di avviare processi, sempre.
È la creatività e anche è la legge della vita. Una donna, quando fa nascere un figlio, incomincia a avviare un processo e lo accompagna.
Anche noi nella politica dobbiamo fare lo stesso.
Questo è il ruolo della Chiesa: coinvolgere nella speranza, perché senza di essa si amministra il presente ma non si costruisce il futuro.
Senza speranza, saremmo amministratori, equilibristi del presente e non profeti e costruttori del futuro”.