Le tre province della sete sono arrivate a Palermo, davanti al palazzo della Presidenza della Regione, il 6 novembre, con un sit-in partecipato quanto diretto nelle richieste al governo regionale: “Vogliamo l’acqua!” È stato lo slogan inequivocabile dei Comitati spontanei che si sono attivati a Caltanissetta, Enna e Agrigento.
Il Comitato delle Mamme per l’acqua ha rappresentato Caltanissetta, con grande determinazione: “Siamo stanchi di svegliare i bambini alle 4 di notte per poterli lavare quando arriva l’acqua per poche ore. – dichiara Annalisa Sferrazza, anima combattente del Comitato delle Mamme per l’acqua – Siamo stanchi di sollevare bidoni di 20 litri e di comprare acqua minerale per poterci lavare dopo due o tre giorni, quando finiscono le scorte che abbiamo a casa, e di non poter fare un bucato in lavatrice come si deve. Ci hanno messo a disposizione dei silos, ma chi non ha la macchina per andare a prendere l’acqua con i bidoni e non può salire a casa con i bidoni, come farà?”
Nell’incontro finalmente ottenuto, assente il presidente della regione Renato Schifani, erano presenti l’assessore all’energia e ai servizi di pubblica utilità Giovanni Di Mauro e il responsabile della Cabina di regia della Protezione Civile ing. Salvo Cocina, che hanno esposto la situazione dell’emergenza idrica ma con pochissime indicazioni operative rispetto alle soluzioni per fronteggiare l’esaurimento dell’Ancipa. Tutto rimane affidato alla ricerca dei pozzi, ma non è emerso un cronoprogramma con date certe e indicazioni su quanti litri al secondo i pozzi potranno assicurare.
All’ing. Cocina le rappresentanti delle Mamme hanno chiesto di rendere più equa la distribuzione, senza privilegiare chi si trova in linea con l’Ospedale e il Carcere e non ha problemi nel ricevere l’acqua. Una telefonata in diretta con la direzione di Caltaqua ha escluso questa possibilità.
È emersa invece chiaramente una tendenza a scaricare sui sindaci la parte operativa per fronteggiare l’emergenza, dichiarando, da parte della Regione, di essere disponibili a finanziare i progetti, se ci saranno, abbreviando l’iter di realizzazione e bypassando le normali gare d’appalto, vista la situazione di emergenza. Tutto qui.
Nessuna prospettiva di abbreviare i tempi dei turni di erogazione: acqua ogni sei giorni e spesso per poche ore non è sostenibile, lo ha ribadito più volte la delegazione dei manifestanti, ma gli interlocutori regionali non hanno aperto spiragli di miglioramento, come se i sei giorni siano già un successo rispetto alla crisi.
Nessuna notizia sulla possibilità di collegare gli invasi per sostituire l’Ancipa quasi del tutto prosciugato. Nessuna notizia sul Blufi, che con una trivellazione a pochi chilometri, come votato all’unanimità dal Consiglio Comunale di Caltanissetta, potrebbe canalizzare l’acqua verso Caltanissetta in grande quantità.
L’acqua si cerca nel sottosuolo. I 20 milioni della Protezione civile nazionale stanziati a maggio sono stati investiti nei nuovi pozzi. Una ricerca tutt’altro che semplice: gli uffici del Genio civile hanno trasmesso alle amministrazioni il censimento dei vecchi pozzi, ma alcuni sono già a secco e vanno verificati uno per uno per indicare le eventuali requisizioni possibili.
Le Mamme per l’acqua non si fermano: ogni giorno segnalano al Comune i disservizi, i ritardi, le disparità che rendono la vita impossibile alle famiglie ormai da troppi mesi. Sentono l’isolamento rispetto alle istituzioni, invece di solidarietà ricevono intimidazioni, minacce telefoniche, spintonamenti durante le manifestazioni.
A Palermo hanno invitato i Comitati di Enna e Agrigento, che hanno partecipato insieme a loro al sit-in, increduli della possibilità di essere ascoltati dal Governo regionale, hanno rappresentato Caltanissetta e la sua sete, ma erano assenti il Sindaco e gli assessori, unica presenza istituzionale in piazza quella di Roberto Gambino, già sindaco e oggi Consigliere comunale di opposizione. Presente invece il sindaco di Enna e alcuni amministratori di Agrigento.
La politica rimane muta, a livello regionale non riesce a fare entrare a pieno titolo questa emergenza straordinaria nella quotidianità del lavoro delle istituzioni, a livello locale non si collega, fuori dal Palazzo, con i cittadini e i quartieri che stanno soffrendo la crisi. Non si tratta di mettere bandierine, ma di stare con le persone, ascoltare, dialogare, proporre, costruire solidarietà non solo a parole, ma con fatti concreti, che portino risultati.
Altrimenti non c’è rappresentanza, ma soltanto, forse, rappresentazione.
foto dalla pagina facebook Comitato delle mamme!

