L’EREDITA’ GRATUITA

fiorellafalci
fiorellafalci 23 Views
4 Min Leggere

Roberto Gambino ha governato per 5 anni Caltanissetta senza costruirsi un sistema di potere, senza strutturare clientele, lo dimostrano i risultati elettorali dei suoi assessori (che hanno totalizzato da 230 a 7 voti di preferenza), senza il patronage di nessun deputato, senza abbassare la testa al vice-ministro del suo movimento che pretendeva di pilotarne le mosse, mandando a quel paese senza esitazioni chi pensava di poterne condizionare l’operato.

Caltanissetta ha riconosciuto la sua onestà, la sua qualità di primo cittadino libero, che invece di fare campagna elettorale ha continuato fino all’ultimo giorno a svolgere il suo compito, ad aprire i cantieri delle opere pubbliche che era riuscito a fare finanziare, dopo averle pensate, in un quadro di programma che aveva dato contenuti, finalmente, all’azione amministrativa, dimostrando anche il coraggio di rivedere alcune scelte, accogliendo le indicazioni e le critiche costruttive dei cittadini, senza la superbia di chi pensa di avere sempre ragione.

Gli elettori nisseni gli hanno tributato l’omaggio di 8167 voti, a fronte dei 4600 raccolti dalle tre liste che lo sostenevano, il 44% in più, (per i suoi competitori è avvenuto il contrario) un risultato senza precedenti nelle elezioni dirette dei sindaci nisseni e siciliani, che chiude ogni spazio di polemica sulla qualità della sua azione amministrativa.

Ma non è bastato. Gli è mancata la ferocia, anche solo evocata dal sorriso gelido dei suoi avversari, gli è mancata una rete strutturata di partiti, di gruppi di potere, di comitati d’affari, di interessi organizzati e mimetizzati, di capi-bastone con pacchetti di voti da investire e assessorati da contrattare. Gli è mancata l’organizzazione che affastellasse con cinismo liste di candidati sconosciuti che portassero sulla scheda elettorale una miriade di simboli “civici” utili soltanto a dare l’impressione della vastità dell’insediamento.

Non ha voluto mimetizzarsi in un civismo di comodo, che riciclasse una macedonia di personale politico attinto da tutte le esperienze del passato recente (alcune particolarmente disastrose) presentato come simbolo di innovazione, non ha fatto scadere di tono il suo linguaggio, anche nei confronti degli avversari, presentando con ostinazione solo i risultati del suo lavoro amministrativo e il suo programma per completarlo, senza isterismi, senza doppi fondi, senza demagogia, senza volgarità.

Non è bastato, evidentemente. Rimane un’esperienza che speriamo non sia investita dalla damnatio memoriae di chi gli succederà, come in passato è avvenuto, nell’ansia di cancellare anche le tracce di un’azione amministrativa che, con tutti i suoi limiti, ha portato nella nostra città la mole di finanziamenti più alta della storia repubblicana, che ha individuato progetti, ha prodotto esempi significativi di rigenerazione urbana.

Ai nisseni ora la scelta di un rinnovato compromesso con i poteri tradizionali, quelli leggibili e quelli mascherati o occulti, la scelta dei mediatori a cui affidarsi e con cui contrattare come privilegi i diritti per la propria sopravvivenza. Sceglieranno i nisseni tra il feudatario del Vallone e il “senatore della porta accanto” con i loro emissari di ieri e di oggi.

Il “sistema” si vuole rigenerare, re-insediare, tornare ad impadronirsi delle nostre vite, delle nostre prospettive, delle risorse che potrebbero aiutarci a costruire un futuro più dignitoso.

Il trasformismo è un male antico della politica siciliana, un cromosoma ereditario, un modo di abitare il potere radicato nella storia della nostra terra. Anche quando è più comodo fare finta di non riconoscerlo.

Condividi Questo Articolo