L’individuo e il suo contrario: essere ed esistere oggi

Tonino Cala
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Perché nella società di oggi e più di ieri, in qualunque settore e ambiente, domina e predomina l’io rispetto al noi?

Perché quasi tutti gli esseri umani considerano l’isolamento autistico dell’Uno la condizione ottimale per vivere, tralasciando consapevolmente o inconsciamente la dimensione prosociale della relazione e della
comunicazione umana?
Per secoli ha prevalso il patriarcato e il suo maschilismo fuori ragione, con una donna svuotata di significativa identità: moglie, madre dei figli e casalinga, con un ruolo marginale nel mondo del lavoro e della società. Poi, negli ’70, c’è stata la benvenuta rivoluzione femminista per ridare alle donne la dignità e la parità sociale che giustamente a loro spettava.
Oggi, il risentimento e la rivendicazione femminile, tra un patriarcato morente e un femminismo consapevole, che vede le donne protagoniste della società.

Ma non sarà che siamo diventati tutti delle monadi che produciamo quotidianamente un dialogo tra sordi?

Cosa ha causato la mancanza di dialogo e il venire meno di una comunicazione veritiera, anche nello scontro e nel litigio tra generi ed esseri umani diversi?
Della problematicità del dialogo tra soggetti e della mancanza della capacità di ascolto dell’altro, ne erano convinte la filosofia del linguaggio e gli studi di linguistica di Roman Jakobson e Ferdinand de Saussure, la pragmatica della comunicazione di Paul Watzlawick e dei teorici di Palo Alto, la teoria e la pratica psicoanalitica, tutti luoghi semantici delle scienze umane che con l’arte contemporanea e d’avanguardia hanno studiato e fatto emergere la criticità comunicativa e la complessità individuale e collettiva della relazione tra soggetti che comunicano.
E poi, in base a quale premessa certa si può dire che qualcuno abbia ragione quando parla? L’essere parlante dice la verità? Cade in contraddizione? È credibile? Si può prendere sul serio? Abbiamo noi consapevolezza di quello che diciamo?
Non sarà che la verità della parola e della lingua parlata esprime una contraddizione logica, tra significante e significato, per cui si fa un’asserzione che ha un significato e allo stesso tempo la si nega, desiderando dire altro?

Desiderabile è la semplicità di dire si si, no no. Forse, non lo so, dopo, vediamo!
Possiamo parlare, quindi, di “trappola” del linguaggio, di un inganno della comunicazione tra soggetti, con un contenuto manifesto e un contenuto latente, una sovrastruttura e una struttura logica, nello spirito dialettico di quella che può essere la paradossale condizione umana, sempre sfuggente a sé stessa, tra mito e realtà.
L’uomo è un paradosso, una vivente contraddizione, un essere scisso e mancante. In questa duplicità esistenziale e relazionale dell’uomo trovo la sua verità.

Ecco perché può essere importante avere fede nell’uno/a, ecco perché la fede si fa amore, fede e amore nella vita. La persona “vuota” diventa amante e vive la tensione etica versus, in direzione di qualcuno e di qualcosa. Può essere questa la vera fede!
Lo fa il padre o la madre nei confronti del figlio, lo fa il coniuge, moglie o marito, che vive il proprio amore mancante e manchevole nei confronti dell’altro diverso, facendo della convivenza lo spazio vitale di un confronto, lo fa il missionario che rinuncia ai tanti vantaggi materiali per vivere la propria umanità con i poveri della terra, la sua irrinunciabile spiritualità, anche in odore di santità!

Molte volte ho sentito dire: restiamo umani, siamo umani! E cosa può essere il sentirsi umani se non la tensione originaria, la radice etica e sociale, che proviene da lontano e che ci spinge a desiderare l’affetto per l’altro, l’amore per l’altro, l’amicizia per l’altro e per la sua singolare diversità.
Il sentirci tutti parte di un gruppo umano, di una comunità.

Ridiamo alle parole il corpo e il significato che ci fa esistere, rivitalizziamo i discorsi e i linguaggi della creatività altruistica e solidale, un fare comunità tra umani, senza finzioni né prove di inautenticità, riscrivendo la nostra storia, ciò che siamo.

Conferiamo alla nostra fragile umanità il volto di una speranza, la dignità di un esistere che non gioca con le maschere rigide e fasulle del dovere, traditi dalla routine stanca della ripetizione mortifera e priva di ossigeno, in questo mondo ricco di catene e di condizionamenti sociali, tra sordità e assenze incomprensibili.
Sarebbe già tanto comprendere la brevità e la semplicità della vita, per imparare a tollerarci e per potere dare alla nostra presenza passeggera su questa terra il valore affettivo di sentirci donne e uomini che viviamo in una società senza barriere.
Con lo slancio affettivo degli amanti, il sentimento che ci fa essere tutti liberi e solidali.


Tonino Calà

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