Memoria per il futuro in “Una stella alpina per Enza”

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di Sergio Infuso

Nell’ultimo lodevole lavoro di Enrico Cortese, la vicenda umana di Enza Noto e della sua famiglia entra a far parte della grande Storia. Quella di un popolo che dopo un ventennio tragico e disastroso ritrova con la lotta armata contro il nazifascismo la dignità e l’orgoglio di sentirsi parte attiva nella lotta per la libertà e la democrazia.

Nel romanzo di Enrico “Una stella alpina per Enza” la realtà si lega virtuosamente alla fantasia, c’è la Sicilia e Mussomeli, entroterra contadino in provincia di Caltanissetta, c’è la miseria più insopportabile subita insieme ai roboanti proclami di Mussolini e del suo spietato regime. Enza è una sarta, suo marito Ciccio è un calzolaio, non vogliono arrendersi agli eventi, sono determinati, decidono di emigrare.

La scelta ricade nel profondo nord, in quella Torino operaia, argine importante alla deriva autoritaria in atto. Il lavoro, i compagni di lotta, le riunioni clandestine, la Resistenza come scelta finale per sconfiggere il fascismo e avviare l’Italia verso un percorso di rinascita e sovranità.

La scrittura di Enrico è asciutta, va diritto al cuore del lettore, lo emoziona e lo coinvolge, gli fa rivivere quegli anni terribili e insieme la gioia della vittoria. Enrico forte delle sollecitazioni dell’ANPI nissena, con Claudia e Peppe Cammarata in testa, svolge un prezioso lavoro di ricerca tra la Sicilia e il Piemonte, mette a “soqquadro” uffici amministrativi, consulta documenti, cerca lapidi e monumenti celebrativi.

Nelle ultime pagine il cuore accelera il battito, Enza insieme a Tita, una dei suoi sette figli, fanno parte della III Brigata Berone sui monti del Canavese. Tita ha voluto seguire la mamma e il suo straordinario esempio. E’ il mese di ottobre del ’44, sei mesi prima della liberazione, insieme ai compagni sono costretti a fuggire, i tedeschi li cercano, vogliono liberare la zona dalla resistenza dei patrioti, per aprirsi una via di fuga dagli alleati che risalgono la penisola e quelli che dalla Francia finalmente libera arrivano in Italia.

In quell’autunno anomalo, il caldo estivo lascia spazio velocemente ai venti freddi e alla prima neve che cade copiosa e comincia a ricoprire ogni cosa. Enza ha lavorato sodo negli ultimi mesi per rammendare e cucire abiti e vestiario di ogni tipo, indossa ancora abiti estivi, la fuga in queste condizioni è drammatica, i partigiani si dividono in due gruppi e così Enza e Tita. E’ il 22 di ottobre, la neve è alta quasi mezzo metro, le gambe sprofondano sempre più, il freddo blocca arti e movimenti, Enza e la sua compagna Vittorina non riescono più a muoversi, i compagni le esortano ad andare avanti ma non c’è nulla da fare, loro li spingono a proseguire, il pericolo di essere catturati è alto.

Sono attimi terribili che il bravissimo Enrico riesce a far rivivere, la neve ricopre quei giovani corpi di donne, nuove vittime di un elenco lunghissimo, cadute per la libertà di tutti. Qualche giorno dopo i loro corpi vengono pietosamente recuperati dai partigiani che provvedono alla sepoltura. L’epilogo stringe il cuore del lettore insieme a un sentimento di profonda riconoscenza.

In questi tempi complessi e difficili “Una stella alpina per Enza” rappresenta un valido strumento per tenere alta la memoria, che vedo benissimo tra le mani dei ragazzi della scuola dell’obbligo e quelli più grandi della scuola superiore.

Sergio Infuso

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