A San Cataldo, in Chiesa Madre, il 29 settembre è stato ricordato mons. Cataldo Naro (1951-2006), arcivescovo di Monreale, figlio illustre della Chiesa nissena, intellettuale di spicco e pastore coraggioso, nel 19° anniversario della sua nascita al cielo.
Ha presieduto la celebrazione Mons. Gianni Ambrosio, Vescovo emerito di Piacenza-Bobbio, la cui omelia pubblichiamo integralmente:
Cari fratelli e care sorelle,
ho accolto volentieri l’invito di don Massimo di venire a celebrare la santa Eucaristia nel XIX anniversario della morte di mons. Cataldo Naro. Confesso la mia commozione nel commemorare questo caro amico proprio qui nella Chiesa madre di San Cataldo, nel suo paese, nella sua comunità, in quella rete di legami, di amicizie e di qualificate attività culturali: questa rete si è creata e realizzata qui, con lui e attorno a lui. Qui egli è nato e ha lavorato, qui è tornato ed è sepolto.
Oggi ho la grazia di sentirmi ancor più partecipe del grande patrimonio spirituale e culturale che il vescovo Naro ha lasciato a tutta la Chiesa italiana, e in particolare a voi di San Cataldo, alla Chiesa di Monreale, alla Sicilia. Ho la gioia di condividere con voi la stima, l’affetto, la riconoscenza che tutti voi nutrite per questo vostro concittadino: egli ha accolto la voce del Signore che lo ha chiamato a lavorare nella sua vigna, cominciando proprio da qui, da san Cataldo.
Nella fede in Cristo risorto, il ricordo di don Cataldo non si ferma al passato. La nostra preghiera di suffragio e la sua memoria nella celebrazione eucaristica lo rendono presente e vivo per tutti noi. La ‘comunione dei santi’ – quella profonda unione spirituale tra tutti i credenti in Cristo, sia i vivi che i defunti – ci fa partecipi della condivisione dei beni spirituali e ci assicura la reciproca intercessione attraverso la preghiera.
Siamo la famiglia di Dio, formiamo un unico ‘corpo’ nello Spirito. Su questa ‘comunione dei santi’, il vescovo Naro ha molto insistito. Ricordo in particolare ciò che mi confidava: la chiesa di Monreale, a fronte delle molte difficoltà, ha la grazia di una bella fioritura di figure di santità. Nella sua Lettera pastorale Amiamo la Chiesa, ha messo in risalto il legame “tra la Chiesa ancora pellegrinante sulla terra e i santi che vivono nella luce inalterabile del Risorto”: “amare la nostra Chiesa significa sentire il legame con quanti ci hanno preceduto, nelle nostre stesse comunità, nella testimonianza della fede e, in particolare, con quanti la Chiesa stessa già ci ha indicati, riconoscendone l’esemplarità dell’esperienza credente, come nostri amici e intercessori presso Dio”.
Consapevoli questo legame, rendiamo grazie a Dio per il dono di questo nostro fratello vescovo a cui va il nostro affetto e la nostra gratitudine. Con il passare del tempo il ricordo non si affievolisce, ma diventa più profondo: per tutti noi l’arcivescovo Naro appare sempre di più come un prezioso dono in tutta la sua ricchezza di amico, di sacerdote, di studioso e di vescovo.
In questo giorno in cui ricorre l’anniversario della morte del Vescovo Naro, avvenuta nel 2006, la Chiesa celebra la festa dei santi arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. La colletta ci introduce al senso della festa dei tre arcangeli che hanno avuto un ruolo importante nella storia della salvezza e continuano ad avere un ruolo importante nel nostro cammino verso la salvezza, come ci ricordava spesso Papa Francesco. Nella colletta abbiamo pregato Dio che “affida agli angeli e agli uomini la loro missione”, essere al servizio di Dio e degli uomini. La missione degli angeli non è diversa da quella degli uomini: cooperare al disegno di salvezza, servire Dio, sostenerci nel pellegrinaggio sulla strada della vita. La missione riguarda tutti gli uomini e tutte le donne. Ma sulla base di questa comune missione, vi è una particolare chiamata di alcuni che, per usare le parole del vescovo Naro, hanno “un compito più delicato” che esige un amore più grande: a questi “è più grande l’amore richiesto”.
A questo proposito consentitemi di raccontare un mio personale ricordo del vescovo Cataldo in cui traspare quell’amore più grande richiesto a chi ha il compito più delicato, come quello di vescovo a cui Cataldo si riferiva. Desidero accennare ad un’immagine che è rimasta impressa nella mia mente. Venni chiamato dall’amico don Aldo per una relazione ai preti di Monreale. Arrivai nel pomeriggio del giorno prima e il sacerdote che venne all’aeroporto mi condusse nella parrocchia ove don Cataldo stava facendo la visita pastorale. Entrai in una sala in cui vi era il vescovo attorniato da molti ragazzi, alcuni seduti sul pavimento, che lo ascoltavano e lo interrogavano. Mi presentò ai ragazzi e restammo lì per parecchio tempo, dialogando con quei ragazzi. Lo avvisarono che ormai era tardi, ma lui continuò ad ascoltare e a rispondere alle domande. Quando l’incontro terminò, andammo insieme a Monreale, piuttosto distante da quella parrocchia. Era troppo tardi per la cena, il vescovo era anche molto stanco, bevemmo qualcosa con qualche biscotto siciliano.
Questa immagine mi è rimasta impressa non tanto per il fatto in sé, perché credo che a molti – vescovi o preti o mamme o padri – sia capitato spesso qualcosa di simile. Piuttosto mi colpì il suo stile, il suo modo di rapportarsi ai ragazzi, la sua passione per educarli alla fede come un testimone convinto, capace di motivare i ragazzi e di trasmettere loro la gioia della vita nuova dello Spirito. Traspariva in lui la presenza dello Spirito che testimoniava con le sue parole e con il suo modo di comunicare. In sintesi, mi colpì il suo amore, quell’amore più grande che è richiesto a chi ha un compito delicato; da qui il suo sguardo nei confronti di quei ragazzi che mi sembrava rispecchiare lo sguardo di Gesù.
La gioia di celebrare qui questa festa degli Arcangeli nel ricordo del vescovo Naro mi richiama alla mente il titolo che nell’antica Chiesa – già a partire dall’Apocalisse – qualificava i vescovi come ‘angeli’ della loro Chiesa, esprimendo in questo modo un’intima relazione, una stretta corrispondenza tra il ministero del vescovo e la missione dell’angelo. Credo che questa qualifica di ‘angelo’ valga in modo particolare per il vescovo Naro: esprime il suo stile, il suo amore, la sua cura, la sua dedizione nel servire Dio e il suo popolo, la Chiesa di Monreale e la Chiesa tutta.
Cataldo Naro è stato un amico di Dio e un amico degli uomini. Egli ha saputo testimoniare l’amore di Dio per noi uomini, figli di Dio, e dalla forza di questo amore ha ricevuto la grazia di trasmettere la dignità dell’uomo e difenderne la grandezza, con un grande discernimento e con un coraggioso impegno per rifiutare i tanti mali che deturpano il volto di Dio e dell’uomo. Non a caso, nella conclusione della Lettera pastorale citata, mons. Naro elenca in forma di litania una lunga serie di uomini e donne santi, beati, servi di Dio della sua Chiesa diocesana. I loro nomi e la loro vita non sono solo come le tessere di un prezioso mosaico da ammirare e imitare, ma sono anche fratelli e sorelle che continuano a intercedere per noi.
Tra queste figure di santità vi è il vescovo Cataldo Naro. Noi preghiamo per lui affidandolo alla misericordia di Dio, nella convinzione che egli, dall’alto, partecipa alla nostra preghiera, la sostiene e la presenta al Signore. Amen.
+ Gianni Ambrosio, vescovo emerito di Piacenza-Bobbio