Personaggi della nostra storia: il senatore Antonino D’Antona

Lillo Ariosto
Lillo Ariosto 402 Views
11 Min Leggere

Chirurgo, Scienziato, Docente e Senatore del Regno

Abbiamo avuto la fortuna di vivere la nostra infanzia in una Caltanissetta – ancora “felix” – di fine anni Cinquanta. Abitavamo in una parte della città al tempo rinomata. Viali alberati, panche in candido marmo e il verde del maggiore giardino pubblico.

Il “villiere” comunale ogni mattino avvicendava, con piantine colorate ai piedi del busto del primo re d’Italia, la data del giorno. Quel giardino era la “Villa Amedeo”, quella zona era conosciuta come “il Viale” (o Rotonda). La strada della nostra abitazione la via senatore D’Antona. Anni dopo, seguendo l’espansione urbanistica, lasceremo quella casa e quell’aria profumata di gelsomino. Non abbandoneremo però la curiosità di chi mai fosse questo senatore. Il caso ha voluto che in tempi recenti incrociassimo, per motivi professionali, un breve trattato giuridico che lo vedeva protagonista.

Antonino D’Antona nasce a Riesi, nella nostra provincia, il 18 dicembre del 1842 da Antonino e Concetta De Bilio. Come uso in quei tempi il nome del padre viene imposto ad un figlio maschio. La sua è una famiglia benestante e che consente gli studi.

Due zii, fratelli del padre, appartengono al clero. Salvatore è sacerdote, Gaetano è arciprete. Viene indirizzato agli studi classici, frequentando il rigoroso ginnasio-liceo pregentiliano. Conseguita la maturità classica si trasferisce a Napoli. Frequenta la importante facoltà di medicina e chirurgia dell’università partenopea La figura di riferimento sin dall’infanzia è lo zio Gaetano, l’arciprete. Questi lo segue negli anni della formazione universitaria.

A Napoli ha maestri illustri della medicina. E’ particolarmente vicino a Cardarelli e Palasciano. Si laurea con successo nel 1866. Si dedica al suo campo prediletto che è la chirurgia. Intende perfezionare le sue conoscenze. Si avvicina ai principali ambienti scientifici italiani ed europei.

Compie viaggi di studio all’estero e per circa tre anni, dal 1866 al 1869, frequenta le più rinomate cliniche chirurgiche dell’epoca. Lo troviamo a Vienna, dove conosce Christian Albert Theodor Billroth, uno dei pionieri della chirurgia viscerale, operatore di grandissimo stile, esecutore nel 1872 della prima resezione dell’esofago. Ne segue la scuola stabilendosi a Berlino. Si reca quindi a Lipsia. Qui diventa discepolo di Julius Friedrich Cohnheim, il primo ad utilizzare il congelamento dei campioni di tessuto al fine di eseguirne esami. Si reca successivamente a Londra. Il suo maestro è Sir Thomas Spencer Wells, il primo a praticare l’ovariectomia, sino allora considerata un’operazione pressoché fatale, riducendone la mortalità sino al 4%. Con lui stringerà una solida amicizia.

Il tirocinio nei centri clinici di rilevanza internazionale gli procura una eccellente formazione orientata verso gli aspetti più moderni della chirurgia, dotandolo di capacità tecniche innovative.

Tornato a Napoli, viene chiamato alla clinica universitaria di Carlo Gallozzi. Ne segue l’esempio e si dedica all’insegnamento privato. Conquista un immediato successo. Tiene uno studio aperto e frequentatissimo da molti allievi fino al 1881. Fonda una propria “casa di salute” dove ricovera e opera molti pazienti, riportando numerose affermazioni professionali.

Dà alle stampe i suoi primi lavori scientifici. Sono studi sulla flogosi, sul processo ulcerativo, sulle infezioni chirurgiche, sulla patologia e la clinica chirurgica delle affezioni osteo-articolari. Le sue pubblicazioni e l’esercizio fiorente della attività di docente privato ne consolidano l’immagine di studioso e di didatta negli ambienti accademici.

Nel 1881 vince il concorso per il titolo di professore di patologia chirurgica nell’università di Padova. Nel 1884 ottiene la nomina a professore ordinario e la cattedra di patologia chirurgica all’università di Napoli.

Non trascurerà però mai la pratica clinica. E’ chirurgo all’ospedale dei Pellegrini e nel 1888 occupa l’ambìto posto di anatomopatologo. Nel 1885 gli viene offerta la cattedra di clinica chirurgica all’università di Modena ma vi rinuncia per non lasciare Napoli. Qui oramai ha acquisito una larga rinomanza che lo colloca tra i membri principali della reputata scuola chirurgica napoletana.

I suoi insegnamenti vengono trasfusi in una serie molto nota di lezioni di patologia chirurgica. Quando, a seguito della legge Baccelli del 1889, all’insegnamento della patologia chirurgica viene aggiunto quello della propedeutica clinica, si prodiga affinché nella scuola da lui diretta gli allievi possano acquisire solide basi teoriche e pratiche fondamentali per la loro formazione professionale.

Sotto la sua guida si formano molti eccellenti chirurghi. Uno di loro sarà il caltanissettese Ernesto Tricomi. Questi sarà nominato nel 1889 professore di patologia chirurgica all’università di Padova e successivamente titolare delle cattedre di clinica chirurgica di Messina, di Bologna (1902) e di Palermo (1903). Altri grandi suoi allievi, Gaspare D’Urso, rinomato chirurgo ortopedico e l’oncologo Giovanni Pascale.

Nel maggio 1896 viene delegato, insieme a Enrico Bottini, a rappresentare la Società italiana di chirurgia a Berlino nel XXV anniversario della Società tedesca di chirurgia.

Il 25 ottobre 1896 viene nominato senatore del Regno. Ma non è la politica il suo principale interesse.

Nella sua lunga attività scientifica si occuperà di molti argomenti di patologia e di clinica chirurgica, fornendo importanti contributi in diversi settori e lasciando numerose pubblicazioni. Tra i suoi lavori sulla flogosi il più noto è quello “Della infiammazione” (Napoli, 1876), opera dei primi anni di ricerca. Qui emergono le sue doti di studioso e le capacità di sintesi scientifica.

Sulla scorta dell’esperienza maturata nei suoi viaggi di studio fornisce una completa rassegna delle principali teorie contemporanee sul tema. Nel 1883 raccoglie nel volume “Saggi di chirurgia addominaleTrenta laparatomie “(Napoli 1883) le note relative alla varia casistica operata nella sua casa di salute. Alla chirurgia addominale dedicherà sempre gran parte della sua attività e molti suoi lavori tratteranno argomenti di clinica e tecnica chirurgica di questo settore.

Nel 1885, precedendo di un anno Ernest Von Bergmann, al quale viene spesso attribuita la paternità di questo intervento, introduce la tecnica della nefrectomia paraperitoneale. Si occuperà con frequenza di chirurgia renale. Si interessa della terapia chirurgica della tubercolosi, presentando una relazione sulla tubercolosi gastrointestinale al convegno internazionale contro la tubercolosi tenutosi a Roma nel 1912.

Si dedica con interesse anche alla chirurgia del sistema nervoso, con riferimento a cervello, cervelletto, midollo spinale, nervi cranici. Sarà tra i cultori degli studi di topografia cranio-cerebrale. Concepirà un suo metodo per la determinazione della topografia cranio-encefalica fondato su linee tracciate sul capo, con partenza da punti precisi, a cui corrispondevano i solchi, i giri e le aree da delimitare.

Nei due volumi “La nuova chirurgia del sistema nervoso centrale” (Napoli, 1893-1894) raccoglie tutto il corpo dei suoi studi e dei suoi contributi originali, riunendoli in una trattazione che integra tutto il panorama delle conoscenze più aggiornate del settore.

L’attività di D’Antona spazia in tutti i campi della chirurgia del tempo. Si occupa anche di ortopedia e di traumatologia. Le sue osservazioni sui traumatizzati del terremoto di Messina e Reggio nel 1908 gli permetteranno di mettere in evidenza alcune particolarità delle lesioni e di descrivere la sindrome da schiacciamento.

Larga la sua esperienza anche nel campo della ginecologia. Si occuperà pure di chirurgia vascolare. In campo più strettamente tecnico, D’Antona è ricordato soprattutto per l’introduzione del metodo antisettico nella scuola chirurgica napoletana, con la conseguenza di una sensazionale flessione della mortalità operatoria.

Il nome del D’Antoni, negli ultimi anni, sarà legato anche alle spiacevoli vicende di un processo che lo vedrà imputato di omicidio colposo per un caso di presunta responsabilità professionale (il caso che abbiamo inocntrato), alimentata da una campagna di stampa del Mattino di Campobasso.

Dopo una lunga e tribolata istruttoria ne uscirà totalmente indenne, con pronuncia nel 1904 della sua ampia assoluzione “per non aver commesso il fatto”.

Negli ultimi anni D’Antona darà ancora numerose e valide prove delle sue qualità di clinico e di docente, attraverso i numerosi lavori scientifici sia propri, che dei suoi allievi. Nell’autunno del 1912 compaiono i primi segni di una grave malattia. Ciò nonostante reggerà l’insegnamento ancora per tutto un anno accademico. Nell’estate seguente le sue condizioni di salute si aggravano. Muore a Napoli il 21 dicembre del 1913.

Rimane agli atti, l’elogio funebre del Presidente del Senato, Giuseppe Manfredi, che nella seduta del 30 dicembre del 1913, principia: ”Onorevoli colleghi. Anche oggi dobbiamo il compianto a chi dei nostri in vita non è più. È spento lo scienziato illustre, il rinomato chirurgo Antonino D’Antona. Siciliano, nato in Riesi di Caltanissetta il 18 dicembre 1842…., funestaronsi nel pubblico gli animi, quando nella preziosa vita dell’insigne uomo apparvero i sintomi di tabe minacciosa; e, lungo la malattia, generali e caldi furono i voti per la sua salvezza; ma la negò il fato. ….. Grandi sono stati gli onori funebri, quanto i meriti dell’estinto. Hanno perduto la cattedra, la scienza, l’arte sanitaria; ha perduto il Senato, che della perdita sente vivo il cordoglio”.  

In città, come per molti altri casi, il ricordo di una così grande personalità è lasciato a una breve e ripida via laterale che dell’ampio viale intitolato alla regina sabauda in moglie di re Umberto I porta alla via Niscemi. A Riesi un busto in suo onore insiste sulla piazza a lui intitolata.

Condividi Questo Articolo