Personaggi della nostra storia: Luigi Russo

Calogero Ariosto
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Figlio illustre della provincia nissena, fondatore, insieme a Natalino Sapegno, della critica letteraria storicista del ‘900, Luigi Russo nasce a Delia il 29 novembre del 1892. E’ l’ultimo degli otto figli di Giuseppe Russo, impiegato comunale, e Diega Meo.

Per completare gli studi viene affidato, a Caltanissetta, al Seminario dove frequenta il ginnasio; completerà gli studi al Liceo classico “Ruggero Settimo”, dimostrando grande predisposizione allo studio delle lettere.

Ottiene una menzione d’onore che gli apre la strada alla ammissione nel 1910 alla prestigiosa Scuola Normale Superiore di Pisa. Per la sua accettazione viene istituita a Palermo una apposita commissione straordinaria d’esame.

L’ambiente accademico pisano gli consente di entrare in contatto con le correnti letterarie del tempo. Intraprende una corrispondenza con Benedetto Croce. Alla vigilia della prima guerra mondiale intrattiene un interessante rapporto epistolare con Giovanni Gentile.

Discute nel 1914 una tesi con Francesco Flamini su Pietro Metastasio che verrà pubblicata l’anno successivo negli Annali della Scuola Normale.

Come molti giovani intellettuali del tempo sposa la causa della liberazione di Trento e Trieste. Prende parte, con entusiasmo, alla prima guerra mondiale con il grado di sottotenente. Seppure decorato, scopre le mostruosità del conflitto.

Dopo la morte del fratello Ferdinando, rimasto mutilato l’altro fratello Antonino, viene assegnato alle retrovie nell’agosto 1916 come docente di «educazione militare» per gli allievi ufficiali a Caserta. Qui avrà come uditori Palmiro Togliatti, Carlo Rosselli, Arnaldo Mussolini, Gabriele Pepe e Gaetano Trombatore.

Pubblica il manuale Vita e morale militare, che nel 1919, a guerra finita, riceve la prefazione di Giovanni Gentile. L’opera – si scoprirà – ha ben poco di militaresco. In essa viene alla luce una peculiare etica militare con ampi riferimenti letterari. Di grande interesse le pagine storico-politiche sul ruolo dell’esercito nella Rivoluzione russa.

Nel 1919 è a Napoli dove insegna, al collegio della Nunziatella, lettere italiane e latine. Inizia la frequentazione di casa Croce e del suo salotto culturale. Nello stesso anno pubblica una monografia su Giovanni Verga, una delle sue opere più importanti, integrata nel 1941 da un capitolo su La lingua del Verga, tuttora considerata un caposaldo per la comprensione critica dello scrittore siciliano.

Gli anni Venti sono quelli della controversa influenza di Croce e Gentile. Russo assiste alla rottura tra i due grandi protagonisti dell’idealismo italiano. Questo gli darà modo di seguire una propria linea autonoma.

Pubblica uno studio su Salvatore Di Giacomo e un altro su Cesare Abba che pubblicherà nel 1945 in Scrittori poeti e scrittori letterati, rielaborando la dicotomia crociana poesia/non poesia. Il distacco teorico da Croce riguarderà appunto la sua convinzione della necessità di contestualizzare criticamente gli autori, analizzandone la poetica come complessità anche storico-ideologica, e quindi componendo quella “storia letteraria” a cui Croce negava legittimità. Applicherà questo nuovo paradigma ad una profonda rilettura critica degli autori principali della letteratura italiana: Dante e Manzoni.

Aderisce alla riforma scolastica promossa da Gentile e nel 1923 è professore incaricato di lingua e letteratura italiana al magistero di Firenze diretto – sotto l’egida gentiliana – da Ernesto Codignola. Lascia definitivamente l’ambiente crociano. Nel 1925 è presente al convegno degli intellettuali fascisti a Bologna ma non firma il Manifesto degli intellettuali fascisti proposto da Gentile.

Assume la direzione della rivista Leonardo, sempre sotto la supervisione di Gentile. Dal 1928 la pubblicazione diventa la “Fondazione Leonardo” e viene inquadrata nell’Istituto nazionale fascista di cultura. La sua direzione trasforma la pubblicazione in rivista di alta cultura, chiamando a collaborare Delio Cantimori e Natalino Sapegno, entrando in contrasto con l’establishment letterario del tempo.

Continua lo studio sulla cultura ottocentesca napoletana, rivelando un proprio antifascismo praticato senza clamori ma, come verrà definito in seguito, “utile e indisturbato”. Assume nel 1943 sino al 1948 la direzione della Scuola Normale di Pisa.

Un invito a Togliatti alla Normale (10 marzo 1946) e il discorso commemorativo per Antonio Gramsci il 27 aprile 1947 costarono a Russo la direzione della Scuola: il ministro Guido Gonella, democristiano, gli preferì lo zoologo Ettore Remotti, suscitando l’indignazione di tutto il mondo culturale italiano (anche in Parlamento, dove vi fu un’interrogazione di Piero Calamandrei).

Fonda nel 1946 una propria rivista, Belfagor, che si occuperà di critica, storia, politica, filologia e arti figurative. Dalle sue colonne polemizzerà coi personaggi di spicco della vita culturale e politica, ritagliandosi il ruolo di difensore della cultura libera.

La sintesi dei suoi studi e delle polemiche letterarie tra le due guerre sarà pubblicata nel 1942-1943 nei due volumi de La critica letteraria contemporanea.

Nel dopoguerra sposa la causa laica e repubblicana, facendo parte del Partito d’Azione da cui uscirà nel 1946 per entrare nel Partito Repubblicano di Ugo La Malfa. Anche questa esperienza politica si rivelerà per lui deludente. Abbandona il partito l’anno successivo. Crede in una istruzione libera e non monopolizzata dai partiti di governo.

A tal fine decide di candidarsi come indipendente nelle liste del Fronte Popolare (PCI-PSI) nelle elezioni politiche del 1948. La sua mancata riconferma nella Direzione della Scuola Normale di Pisa lo induce a rifugiarsi nello studio.

Muore a Marina di Pietrasanta il 14 agosto del 1961.

A Caltanissetta è a lui intitolata una strada che costeggia l’ospedale l’Istituto Tecnico per Attività Sociali, Linguistico e Biologico..

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