Caltanissetta, 1 novembre 2025 – È stata consacrata da monsignor Mario Russotto, alla presenza del parroco padre Antonino Lovetere, la chiesa di San Marco Evangelista nel quartiere Balate Pinzelli di Caltanissetta. Sotto l’altare è stata deposta una reliquia di Santa Teresa di Gesù Bambino, segno di un legame profondo con la santità e con la fiducia semplice e totale in Dio che la “piccola Teresa” ha incarnato.
Durante il rito di consacrazione, il vescovo ha asperso con acqua benedetta i fedeli, le pareti e l’altare, ha unto con il sacro crisma la mensa e i pilastri della chiesa, e ha deposto la reliquia sotto l’altare. Poi le luci si sono accese e la chiesa si è illuminata, simbolo della luce di Cristo che si irradia nel mondo attraverso gli apostoli. Da quel momento, la chiesa di San Marco è divenuta ufficialmente una casa di Dio, consacrata e resa santa per sempre.
Ma la storia di San Marco non comincia con questa celebrazione. È una storia che attraversa quasi trent’anni e che, come spesso accade nei segni più veri della fede, nasce prima nel cuore delle persone che tra le mura di un edificio. Prima della pietra e del cemento, c’era già una comunità viva, fatta di famiglie, bambini e giovani che imparavano a credere insieme.
Era il 1996 quando monsignor Alfredo Maria Garsia, vescovo di Caltanissetta, ebbe l’intuizione di far nascere una nuova parrocchia in un quartiere in espansione: Balate Pinzelli, un’area che cresceva rapidamente ma dove mancava tutto, anche un luogo per pregare. A guidarla venne inviato un giovane sacerdote, padre Giuseppe Alessi, appena trentenne, che dopo due anni come viceparroco a Santa Flavia si trovò immerso in un quartiere fatto solo di cemento, case in costruzione e strade spoglie.
Era inverno. Padre Giuseppe cominciò a girare, a bussare alle porte, a parlare con le famiglie, a conoscere volti e storie. Poi trovò tre garage in fila, uno accanto all’altro, inaccessibili alle macchine, e decise di affittarli con i pochi soldi che aveva. Iniziò così a dare forma a un sogno: acquistò un piccolo altare, un tabernacolo, una statua di Gesù Bambino e un crocifisso. Due immagini così diverse — il Dio che nasce e il Dio che muore — ma unite da uno stesso amore.
Pochi giorni dopo fu Natale, e in quei garage illuminati da poche luci cominciò a diffondersi la notizia: stava nascendo una nuova chiesa a Caltanissetta. Quel Natale del 1996 fu povero, con sedie improvvisate, tutte diverse, ma pieno di calore e di speranza. Bisognerà attendere il 25 aprile 1997 per la prima grande celebrazione: nel campetto di un condominio, sotto un tendone improvvisato, monsignor Garsia “inaugurò” ufficialmente la chiesa che ancora non c’era.
Molti, all’inizio, rimasero sorpresi nel vedere una “chiesa nel garage”, qualcuno pensò perfino a uno strano culto, ma presto tutti compresero che lì stava davvero nascendo una comunità. Le messe, le comunioni e le cresime si svolgevano nei cortili dei condomini, mentre per Natale e Pasqua ci si ritrovava alla scuola Ferdinando I, dove venivano spostate le sedie delle classi e si allestiva una piccola chiesa nell’androne. Ogni anno, la notte di Natale, il quartiere intero si ritrovava lì per la Messa, segno di un’appartenenza che cresceva.
Intanto la vita comunitaria fioriva: nacque il Progetto Duemila, con corsi di taglio e cucito, chitarra, inglese, cineforum e teatro. Vennero rappresentati spettacoli e musical — Le mucche volanti, Via Crucis, Fratello Francesco, Marco nelle pagine di Dio, Madre Speranza — e persino un giornale, Il sogno della Parrocchia San Marco, che raccontava il quartiere e i suoi cambiamenti.
Nel frattempo, attorno a quei locali nacque una vita comunitaria intensa: uno spazio accanto divenne ufficio, un altro fu destinato a sede scout e aula di catechismo, e il giovane parroco, pur di ottenere uno sconto sull’affitto, non esitò a fare anche da giardiniere condominiale. Poi arrivò il tempo di sognare in grande: serviva un terreno per costruire una vera chiesa. Nacque così l’iniziativa “Un metro quadro per San Marco”, con cui il terreno fu simbolicamente diviso in lotti da cinquantamila lire ciascuno. In pochi giorni si raccolsero venti milioni, quanto bastava per versare l’anticipo e dare inizio a un sogno concreto.
Allora il quartiere sembrava diviso in tre: le case popolari, le grandi ville e i condomini nel mezzo, mondi lontani che si sfioravano senza incontrarsi. Fu la parrocchia a colmare quel vuoto. Senza di essa, forse, i vicini di casa non si sarebbero mai conosciuti. Lì, in un garage qualsiasi, i figli dei ricchi e dei poveri pregavano, cantavano e crescevano insieme, tutti uguali davanti allo stesso altare.
Nel 2008, dopo la posa della Prima Pietra nel mese di Marzo, cominciarono i lavori di costruzione e, tra il 2008 e il 2009, la chiesa prese finalmente forma. Venne aperta al culto il 4 Ottobre del 2010, ma non ancora consacrata.
Oggi la chiesa di San Marco è una realtà viva, con il coro, l’Azione Cattolica Ragazzi, l’associazione della Madonna dei Sette Dolori, il grest, un campo da calcio, tante aule, un oratorio e tante attività che animano il quartiere.
Sicuramente oggi la chiesa di San Marco ha un’architettura controversa. Sin dalla sua costruzione ha diviso l’opinione dei fedeli: c’è chi la considera una “tenda” moderna, accogliente e soprattutto funzionale, e chi invece ritiene che la sua forma rimandi a tutto tranne che a una chiesa. All’interno, vi si trovano la Madonna dei Sette Dolori, opera sivigliana, una piccola Madonna Immacolata, e il simulacro in cartapesta di San Marco, ritrovato dal primo parroco in un vecchio scantinato in stato di abbandono e poi restaurato con cura. Dietro l’altare centrale si erge oggi un grande Crocifisso risorto sospeso su i muri tagliati a croce: un Cristo giovane e luminoso che, pur mantenendo la forma del crocifisso, sembra accogliere chiunque entri nel suo abbraccio.
La piccola cappella feriale custodisce invece un meraviglioso quadro dell’Ultima Cena, ambientata quasi in campagna, dove i volti e le sfumature dei personaggi ricordano più le tonalità della vara nissena del Biangardi che il cenacolo di Leonardo. E proprio quella cappella è stata arredata per ricordare la prima “chiesa nel garage”: lo stesso piccolo altare, lo stesso ambone, lo stesso crocifisso in legno, lo stesso tabernacolo e poi una decorazione a tre archi che sembra delimitare lo spazio. Entrandovi, sembra quasi di tornare alle origini, quando tutto era semplice e povero.
E nei ricordi di molti rimane indelebile una delle prime processioni del 25 aprile, festa di San Marco. Mentre girava per il quartiere, il piccolo simulacro di San Marco si fermò davanti al terreno dove la chiesa ancora non esisteva. Con la bocca socchiusa e le braccia spalancate, sembrava sospirare, quasi a misurare in anticipo lo spazio dove un giorno sarebbe sorta la sua casa.
Oggi quel sogno è realtà. San Marco non è soltanto un edificio consacrato, ma la testimonianza di una fede che, prima di costruire muri, ha saputo costruire cuori.
la foto di copertina è di Salvatore Iacono







