Sul vallone di S. Francesco, bruciato dall’ennesimo incendio dopo essere stato riempito di sterpaglie e spazzatura, si apre l’orizzonte della storia della città: un paesaggio sconfinato, fino alla valle del Salso, e il castello di Pietrarossa, con la chiesa di S. Maria degli Angeli, cappella di Federico II, recentemente restaurata.
Dalla cenere di una discarica potrebbe ri-nascere il più bel belvedere della città: dal parcheggio S. Francesco se ne ha una visione d’insieme, e spesso i turisti e le scolaresche in visita vengono accompagnati proprio qui per abbracciare con l’orizzonte il contesto della storia millenaria di Caltanissetta.
Perché allora non trasformare una sciagura in una opportunità di rigenerazione del territorio cittadino?
Potrebbe nascere un parco-giardino a terrazzamenti, già leggibili nella natura dei terreni, con percorsi paesaggistici tra natura e arte, in sinergia con la Forestale, che in altri ambiti della provincia ha realizzato esperienze simili, chiamando alla progettazione condivisa le competenze delle associazioni ambientaliste, ed affidandone poi la gestione al Comitato di quartiere S. Francesco che in questi anni si è distinto per dinamismo costruttivo e spirito di iniziativa.
Per prima cosa la superficie colpita dall’incendio va iscritta al Catasto incendi, che proprio pochi giorni fa la Prefettura aveva sollecitato tutti i Comuni a tenere aggiornato. L’iscrizione bloccherebbe per i prossimi 15 anni ogni manovra speculativa e tutelerebbe la natura paesaggistica dei terreni.
Accertata la proprietà di tutti i suoli coinvolti, il Comune potrebbe attivare la sinergia con la Forestale e le associazioni ambientaliste per concordare le linee di una progettazione e di una realizzazione possibile.
La fase operativa, i lavori di terrazzamento, i percorsi, le staccionate e le aree da dedicare alla piantumazione e coltivazione, realizzerebbe la trasformazione/trasfigurazione del vallone S. Francesco in un’area verde panoramica di grande suggestione, offerta alla fruizione dei cittadini e dei turisti in tutti i mesi dell’anno.
Quel dirupo desolato, un tempo estrema periferia della città medioevale e barocca, fino all’800, era chiamato “stazzone”, cioè discarica in cui periodicamente bruciare i rifiuti, come la Geenna di biblica memoria, che, alle porte di Gerusalemme, rappresentava simbolicamente anche l’inferno.
Proprio in quella periferia dimenticata, 150 anni fa cominciava ad operare Padre Angelico Lipani, che accanto al piccolo Santuario abbandonato del Cristo Nero, tesseva instancabile la sua rete di solidarietà verso gli ultimi, gli “invisibili” di quella fine ‘800, gli zolfatai e le loro famiglie, per aiutare i quali volle una Congregazione di religiose impegnate nella carità, le Suore Francescane del Signore, che da quella periferia dimenticata hanno costruito una presenza che ha case di accoglienza e scuole in tutti i continenti del mondo, per i nuovi “invisibili” della globalizzazione.
La memoria della nostra storia ha questa funzione: non rimpiangere il passato ma illuminare il presente, arricchirlo di senso, costruire prospettive nuove su quello che la storia ci ha lasciato.
Trasfigurare un dirupo bruciato in un luogo della memoria e del benessere della bellezza potrebbe essere un buon punto di partenza, anche per le istituzioni locali.


