Educare oggi. Per una pedagogia umanistica della responsabilità

Tonino Cala
Tonino Cala 144 Views
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Circa 13 anni fa lessi con molto interesse il libro “Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna” dello psicoanalista Massimo Recalcati, sull’evaporazione della figura paterna nel tempo recente e più prossimo a noi.

Era svanita l’autorità paterna che faceva funzionare normativamente la famiglia e la società. Autorità paterna che poteva essere incarnata e rappresentata anche da una madre, in assenza di un padre.

Allora mi sono detto: basterà riportare la figura paterna al suo posto per fare funzionare le cose. Anche Dio era “morto” e si desiderava farlo ritornare al suo posto. Ma non era più possibile: l’autorità paterna era definitivamente tramontata e non aveva più senso provare nostalgia per il padre evaporato e scomparso (Massimo Recalcati).

Infatti, iniziai a sognare e a provare nostalgia per il padre assente, mancante, il vuoto lasciato dal padre. Lo stesso per la madre autorevole e affettuosa. Certamente, affettuosa e non autoritaria; anche per lei provai la nostalgia della sua mancanza.

E tutti a ricordare e a desiderare il ritorno della scuola del passato, anche dei maestri rigidi, maneschi e punitivi (la scuola edipica e disciplinare). Oggi, venuti meno e scomparsi i modelli genitoriali tradizionali, si preferisce parlare dei punti di riferimento educativi credibili e realistici.

Chiunque può svolgere un ruolo educativo di riferimento per il figlio o giovane in crescita. Siamo nell’era ipermoderna dell’evaporazione del padre e ci tocca cercare e trovare delle bussole orientative nella società e nella scuola per arginare la violenza e l’impazzimento del “reale”, il vissuto turbolento di ciascun essere umano nelle comunità di oggi (il “perturbante”, come lo chiamava Sigmund Freud).

A ciascuno la sua bussola orientativa per cercarsi e trovare l’equilibrio dentro di sé. Agli educatori spetta il compito arduo di educare con amore e con fermezza, per potere governare l’eccesso pulsionale delle giovani generazioni se può essere possibile farlo, perché ricordando Freud l’educare è un mestiere “impossibile”, come gli altri due mestieri del “curare” e del “governare”.

Noi non ci illudiamo, anche se diciamo sempre con Jacques Lacan “Encore”, ancora, ripetendo l’azione educativa per noi e per l’altrui conoscenza e maturazione, anche se siamo abitati dal “perturbante” inquieto, sia i giovani che i meno giovani.

E anche vivendo il disagio della civiltà di una società violenta e in crisi per la mancanza di una identità generativa, non per missione ma per fede autentica nella vita crediamo in un mondo migliore, dove ci sia posto per una spiritualità aperta che non si faccia ricattare dalle paure, genuina espressione di un’umanità tollerante e inclusiva.

E diciamo “ancora” per convenienza etica e non per convinzione ideologica, religiosa o politica, prima che possa scomparire il pianeta terra, distrutto dall’incuria della stupidità nichilista e dalla mancanza d’amore degli esseri umani per sé stessi.

Salvati per collettiva consapevolezza e comune senso di responsabilità. Già, civilmente salvati e non sommersi dall’ignoranza tribale.

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