Riflessione di Francesco Paolo Tona in ricordo di Gianni Taibi
È presente nel Vangelo un passo in cui Gesù chiama a sé i bambini, i più piccoli, e dice che chi si farà piccolo come costoro entrerà nel Regno dei Cieli: due cose che ci invitano a servire.
In un mondo governato da interessi personali, individualismi, competizioni e inutili lotte su chi meriti o meno ciò che ottiene, Gianni ha da sempre messo avanti a sé quell’insegnamento del Maestro, suo e nostro: servire e servire i più piccoli.
Negli occhi e nell’atteggiamento spontaneo e semplice di quest’uomo è sempre stato evidente un amore; si tratta di un amore incondizionato rivolto al Signore, espresso in una fede mai banale e sempre bambina, capace di meravigliarsi ogni giorno; si tratta tuttavia di un amore anche per il prossimo, un amore instancabilmente votato al servizio di una città e di un popolo, portato in alto, con tutti gli onori, in ogni parte del mondo.
In queste due dinamiche di vita, quotidiana e faticosa, c’è raccontata la figura di Gianni Taibi, eppure non è tutto lì: in mezzo, tra le tante persone che ha amato, c’è stato spazio, anche per tanti piccoli bambini, che si perdevano a guardare le “Vare”, i suoi “figliocci”.
A questi “figliocci”, Gianni, ha fin da subito indicato una cosa che valesse la pena di amare:
Caltanissetta, la sua identità, la sua storia, e, attraverso di essa, Cristo, senza il quale questa sua vita non può essere compresa; in questo indicare, poi, finiva per affezionarsi, come solo gli uomini buoni sanno fare, finiva per innamorarsi di una curiosità che era la sua.
Molti ragazzini e ragazzine sono cresciuti alla sua presenza: tutti hanno il ricordo della sua figura discreta durante la Settimana Santa, sempre presente, mai protagonista, mai fuori luogo, sempre in attesa di farsi da parte per far emergere qualcun altro. È stato il caso di un piccolo bambino che si perdeva a guardare le Vare, un bambino che è stato accolto da nipote da lui prima e presentato a tutti in un secondo momento, con una macchina fotografica. Un bambino che non aveva motivi per emergere, se non quello di una parola di quest’uomo, impegnato nella missione di trasmettere il suo
amore a più persone possibili, anche ad un piccolo bambino che andava crescendo.
Questa è una storia che andrà raccontata, come esempio cristiano, sociale, umano e morale: questa è una storia che è vanto per questa città; la storia di un uomo che si chinava per ascoltare tutti, per parlare con tutti. Di lui resta la passione smisurata, il dolore di non poter fare, la commozione nel guardare faccia a faccia lo stesso crocifisso: tutto questo concorre a raccontare una storia di fede, una storia sociale, che si è chiusa una domenica, come la Settimana Santa che ha sempre voluto rendere non sua, ma di tutti.
Il lavoro di Gianni e il suo esempio umano sono in controtendenza nell’epoca contemporanea, perché il suo lavoro non esisteva se non in relazione all’altro, anche al più piccolo, verso cui sentiva fin da subito la responsabilità di trasmettere quel profondo legame che lo ha reso un patrimonio educativo e morale per tutti i nisseni.
Lavorare per la Settimana Santa, per Gianni, era un modo di elevare Caltanissetta dalla sua mestizia autoimposta; era un modo di restituire alla cittadinanza la dignità di un’identità, tanto nobile, da esprimersi non con fiere e sagre, ma con processioni, quindi attraverso Cristo. E quel Cristo che Gianni ha tenuto in braccio è sempre stato per lui il mezzo e il fine per portarci a riappropriarci della nostra identità.
Quell’affetto, fotografato tante volte, quella consapevolezza, mai scalfita dagli anni, ora Gianni l’ha portata tutta davanti al Signore, il quale sono certo gli restituirà cento volte tanto di quanto lui abbia donato, anche ad un piccolo bambino, accompagnato per la mano nella storia, accompagnato ad appassionarsi dello stesso amore suo.
Un uomo che ha sempre servito oggi riceve l’omaggio che merita dalla sua città, anche dai suoi “figliocci”, ormai diventati grandi; un uomo che è stato vicino ai piccoli, d’età e non, sempre pronto a farsi piccolo, oggi viene ricordato come grande, secondo l’esempio di Cristo.
Elencare tutto ciò che Gianni ha fatto per questa città sarebbe troppo lungo: posso portare il mio ringraziamento per avermi insegnato che cosa voglia dire essere nisseno e per avermi fornito un
esempio di vita di fede credibile, anche nel dolore.
Questo è ciò che un piccolo bambino, voluto bene fin da quando si perdeva a guardare le Vare, si è sentito di dire dopo essere stato accompagnato nell’affetto a crescere. Questo non è altro che l’elogio di un uomo buono che si fece piccolo e servì per farci diventare tutti grandi.
Francesco Paolo Tona